LADRI DEL PASSATO

by Simona Modeo
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LADRI DEL PASSATO

Un libro spiega le archeo-mafie in Sicilia

Scavi clandestini e razzie nei siti archeologici, furti e traffico illegale di antichità: è questo il core business delle organizzazioni criminali che operano nel redditizio settore dei beni culturali, a buon diritto definite, con un neologismo coniato ad hoc, “archeomafie”. Il primo anello della catena sono i cosiddetti tombaroli, coloro che saccheggiano i siti strappando dalle viscere della terra ceramica, sculture, monete, monili e quant’altro capiti loro tra le mani, incuranti del danno che arrecano ai territori vandalizzati. Poi ci sono i ricettatori, che si occupano di piazzare i reperti scavati abusivamente sul mercato clandestino; a questi si rivolgono i compratori, antiquari o case d’asta che, dopo l’acquisto, provvedono immediatamente a dotare le antichità rubate di documenti di identità fasulli che ne attestino la legittima provenienza al fine di poterle immettere – ripulite – nel mercato nero dell’arte. La filiera si conclude per lo più nelle teche di importanti musei internazionali che, orgogliosi, ostentano il bottino: a quel punto, però, si tratta di oggetti che, per quanto straordinari, sono muti, incapaci di raccontare la storia del contesto culturale e storico che li ha generati. Lo stesso percorso può immaginarsi per migliaia di opere d’arte trafugate in ville storiche o nelle chiese, sempre più frequentemente bersaglio di saccheggi e distruzioni. Ma sono i reperti archeologici a rappresentare il business più florido perché, essendo beni sconosciuti fino al loro ritrovamento e pertanto mai catalogati né inventariati prima della scoperta, sfuggono facilmente alle ricerche degli investigatori.

Statua della Dea di Morgantina, fine V secolo avanti Cristo, Museo Archeologico Regionale di Aidone (foto Serena Raffiotta)

Il fenomeno è da decenni di scottante attualità per la Sicilia, che è una delle aree più colpite al mondo dall’azione predatoria di scavatori di frodo, trafficanti e acquirenti privi di scrupolo: proprio la Sicilia è stata oggetto di una recente pubblicazione dedicata alle “archeomafie” a cura di chi scrive, il volume dal titolo “Ladri di antichità. Il mercato clandestino di reperti archeologici e di opere d’arte in Sicilia: traffici illeciti e leciti recuperi”. Numerosi sono purtroppo gli esempi siciliani che si possono elencare, a cominciare da uno tra i più noti al mondo, quello del sito di Morgantina dove per via della grandiosità delle importanti vestigia e dell’attenzione suscitata dalle indagini archeologiche regolari sin dagli anni Cinquanta l’area dell’antica città in territorio di Aidone è stata particolarmente soggetta alle spoliazioni dei tombaroli che, soprattutto alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, hanno operato ripetute devastazioni e saccheggiato gli inestimabili tesori a tutti noti: gli Acroliti, la Dea, la testa di Ade e gli argenti di Eupolemo. Questi capolavori negli anni Ottanta sono stati illecitamente acquisiti da due tra i più importanti musei americani, il Metropolitan Museum di New York e il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, che per decenni hanno attuato una politica di acquisizioni spregiudicata per accaparrarsi a tutti i costi reperti archeologici della civiltà greco-romana. Dopo alterne e rocambolesche vicende, non senza difficoltà queste straordinarie testimonianze del nostro passato sono state fortunatamente recuperate e riportate in Sicilia grazie all’azione congiunta di inquirenti, archeologi e forze dell’ordine, con il fondamentale contributo dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, eccellenza italiana nel contrasto a questi reati.

Foto aerea del sito archeologico di Montagna di Marzo - Piazza Armerina, EN (Archivio fotografico di SiciliAntica)

Negli stessi illeciti “canali” sono finiti migliaia di reperti provenienti da molti altri siti archeologici siciliani: una vera e propria ondata emorragica, che ha depauperato e continua a depauperare irrimediabilmente i territori di partenza e gli stessi reperti, ormai irreparabilmente decontestualizzati. E se, volendo fare qualche esempio, il saccheggio delle necropoli di Agrigento e, in particolare, dei pregiati e apprezzatissimi vasi attici (molti dei quali fortunatamente restituiti) ha origini assai remote, a testimoniare la storica devastante attività predatoria dei clandestini, sono certamente il sito di Montagna di Marzo e il territorio di Centuripe, nell’ennese, due tra i siti siciliani più bersagliati dai tombaroli, crivellati da decine e decine di buche. Quest’ ultima città è stata protagonista nel 2012 anche di un importante “rientro” (una lekane policroma venduta a un privato portoghese) grazie al prezioso contributo dell’Associazione SiciliAntica, che nel 2016 ha anche aperto un contenzioso con l’Allard Pierson Museum di Amsterdam, incauto acquirente di un altro vaso fotografato a Centuripe pochi anni prima dell’acquisto.

Nonostante i numerosi e spesso eclatanti casi di recupero e di restituzione, come l’imponente operazione internazionale “Demetra”, avviata dai Carabinieri del Nucleo TPC nel 2014 e conclusa nel 2018, riportando in Sicilia ventimila reperti archeologici provenienti da scavi clandestini, dobbiamo tristemente ammettere che ad oggi la stragrande maggioranza dei beni culturali esportati illegalmente, dalla Sicilia e non solo, non fa ritorno, essendo molto difficile per gli investigatori dimostrare la provenienza illecita. A ciò bisogna aggiungere l’amara constatazione che, anche in caso di successo, i danni provocati alla conoscenza storica e alla ricerca scientifica restano comunque insanabili. Danni che si sostanziano nella distruzione di milioni di contesti archeologici e nella conseguente irrimediabile perdita di migliaia di informazioni storiche.

Altare miniaturistico in argento con dorature del Tesoro di Eupolemo, età ellenistica, Museo Archeologico Regionale di Aidone (foto Serena Raffiotta)

Rispetto alle dimensioni di tale saccheggio, le azioni di tutela, prevenzione e repressione sono spesso tardive e inadeguate, a cominciare dalla cronica insufficienza delle risorse umane ed economiche impiegate. Divieti, vincoli, azioni repressive e diplomatiche hanno avuto sinora, in Sicilia come nel resto d’Italia, un effetto molto limitato, riuscendo solo ad attenuare il saccheggio, non certo a fermarlo. Scavi clandestini, furti e traffici illeciti continuano infatti ad essere alimentati dalla spasmodica richiesta di beni culturali da parte di un mercato internazionale la cui ultima destinazione sono non solo i collezionisti privati e i grandi musei che, al di là delle dichiarazioni deontologiche di facciata, spesso in realtà restano consapevolmente e colpevolmente “disattenti” riguardo alla reale provenienza dei reperti acquistati, ma anche, purtroppo, ed è questo forse il problema che emerge con maggiore gravità, gruppi criminali e terroristici che li utilizzano come fonte di finanziamento. Per arginare questo dramma globale una, se non l’unica, strada perseguibile è sicuramente l’acquisizione, da parte della comunità locale, di un senso di appartenenza e di riappropriazione del patrimonio archeologico, partendo dalla considerazione che si protegge solo ciò che si ama e si ama solo ciò che si conosce. In questo senso diventano di fondamentale importanza le attività di educazione al patrimonio culturale rivolte agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, per dare un futuro alle testimonianze del nostro passato, un futuro che passa necessariamente per la riappropriazione del nostro paesaggio nella sua complessità di componenti storico-culturali e naturali, da non sacrificare più ai miti di una modernità superficiale e non rispettosa né dell’archeologia né della storia né della sostenibilità ambientale ed economica.

                                                                                                              Simona Modeo e Serena Raffiotta

Foto in evidenza: Testa di Ade e acroliti di Demetra e Kore, Museo Archeologico Regionale di Aidone (foto Serena Raffiotta) 

Pisside policroma da Centuripe, Museo Allard Pierson di Amsterdam (foto Giuseppe Biondi).

Bibliografia e sitografia

T. Cevoli, Storie senza voce, Viterbo 2020.

T. Cevoli, Traffici di antichità e crimine organizzato in Sicilia, in S. Modeo – S. Raffiotta 2020,

J. Felch- R. FrammolinoChasing Aphrodite: The Hunt for Looted Antiquities at the World’s Richest Museum, Boston/New York 2011.

F. IsmanI predatori dell’arte perduta. Il saccheggio dell’archeologia in Italia, Milano 2009.

F. Isman,Quando l’arte va a ruba. Furti e saccheggi, nel mondo e nei secoli, Firenze 2021.

pp. 63-78.

S. Modeo – S. Raffiotta (a cura di), Ladri di antichità. Il mercato clandestino di reperti archeologici e di opere d’arte in Sicilia: traffici illeciti e leciti recuperi, Caltanissetta 2020.

E. C. Portale, Saccheggi e recuperi dei reperti archeologici: il caso siciliano, in S. Modeo – S. Raffiotta 2020, pp. 9-14.

S. Raffiotta, Caccia ai tesori di Morgantina, Assoro 2013.

R. Riccardi, Detective dell’arte. Dai Monuments men ai Carabinieri della cultura, Milano 2019.

https://www.noecomafia.it/larcheomafia/

https://www.radiocl1.it/caltanissetta-operazione-demetra-23-arrestati-20mila-i-beni-archeologici-recuperati/

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