LADRI DEL PASSATO
Un libro spiega le archeo-mafie in Sicilia
Scavi clandestini e razzie nei siti archeologici, furti e traffico illegale di antichità: è questo il core business delle organizzazioni criminali che operano nel redditizio settore dei beni culturali, a buon diritto definite, con un neologismo coniato ad hoc, “archeomafie”. Il primo anello della catena sono i cosiddetti tombaroli, coloro che saccheggiano i siti strappando dalle viscere della terra ceramica, sculture, monete, monili e quant’altro capiti loro tra le mani, incuranti del danno che arrecano ai territori vandalizzati. Poi ci sono i ricettatori, che si occupano di piazzare i reperti scavati abusivamente sul mercato clandestino; a questi si rivolgono i compratori, antiquari o case d’asta che, dopo l’acquisto, provvedono immediatamente a dotare le antichità rubate di documenti di identità fasulli che ne attestino la legittima provenienza al fine di poterle immettere – ripulite – nel mercato nero dell’arte. La filiera si conclude per lo più nelle teche di importanti musei internazionali che, orgogliosi, ostentano il bottino: a quel punto, però, si tratta di oggetti che, per quanto straordinari, sono muti, incapaci di raccontare la storia del contesto culturale e storico che li ha generati. Lo stesso percorso può immaginarsi per migliaia di opere d’arte trafugate in ville storiche o nelle chiese, sempre più frequentemente bersaglio di saccheggi e distruzioni. Ma sono i reperti archeologici a rappresentare il business più florido perché, essendo beni sconosciuti fino al loro ritrovamento e pertanto mai catalogati né inventariati prima della scoperta, sfuggono facilmente alle ricerche degli investigatori.

Il fenomeno è da decenni di scottante attualità per la Sicilia, che è una delle aree più colpite al mondo dall’azione predatoria di scavatori di frodo, trafficanti e acquirenti privi di scrupolo: proprio la Sicilia è stata oggetto di una recente pubblicazione dedicata alle “archeomafie” a cura di chi scrive, il volume dal titolo “Ladri di antichità. Il mercato clandestino di reperti archeologici e di opere d’arte in Sicilia: traffici illeciti e leciti recuperi”. Numerosi sono purtroppo gli esempi siciliani che si possono elencare, a cominciare da uno tra i più noti al mondo, quello del sito di Morgantina dove per via della grandiosità delle importanti vestigia e dell’attenzione suscitata dalle indagini archeologiche regolari sin dagli anni Cinquanta l’area dell’antica città in territorio di Aidone è stata particolarmente soggetta alle spoliazioni dei tombaroli che, soprattutto alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, hanno operato ripetute devastazioni e saccheggiato gli inestimabili tesori a tutti noti: gli Acroliti, la Dea, la testa di Ade e gli argenti di Eupolemo. Questi capolavori negli anni Ottanta sono stati illecitamente acquisiti da due tra i più importanti musei americani, il Metropolitan Museum di New York e il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, che per decenni hanno attuato una politica di acquisizioni spregiudicata per accaparrarsi a tutti i costi reperti archeologici della civiltà greco-romana. Dopo alterne e rocambolesche vicende, non senza difficoltà queste straordinarie testimonianze del nostro passato sono state fortunatamente recuperate e riportate in Sicilia grazie all’azione congiunta di inquirenti, archeologi e forze dell’ordine, con il fondamentale contributo dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, eccellenza italiana nel contrasto a questi reati.

Negli stessi illeciti “canali” sono finiti migliaia di reperti provenienti da molti altri siti archeologici siciliani: una vera e propria ondata emorragica, che ha depauperato e continua a depauperare irrimediabilmente i territori di partenza e gli stessi reperti, ormai irreparabilmente decontestualizzati. E se, volendo fare qualche esempio, il saccheggio delle necropoli di Agrigento e, in particolare, dei pregiati e apprezzatissimi vasi attici (molti dei quali fortunatamente restituiti) ha origini assai remote, a testimoniare la storica devastante attività predatoria dei clandestini, sono certamente il sito di Montagna di Marzo e il territorio di Centuripe, nell’ennese, due tra i siti siciliani più bersagliati dai tombaroli, crivellati da decine e decine di buche. Quest’ ultima città è stata protagonista nel 2012 anche di un importante “rientro” (una lekane policroma venduta a un privato portoghese) grazie al prezioso contributo dell’Associazione SiciliAntica, che nel 2016 ha anche aperto un contenzioso con l’Allard Pierson Museum di Amsterdam, incauto acquirente di un altro vaso fotografato a Centuripe pochi anni prima dell’acquisto.
Nonostante i numerosi e spesso eclatanti casi di recupero e di restituzione, come l’imponente operazione internazionale “Demetra”, avviata dai Carabinieri del Nucleo TPC nel 2014 e conclusa nel 2018, riportando in Sicilia ventimila reperti archeologici provenienti da scavi clandestini, dobbiamo tristemente ammettere che ad oggi la stragrande maggioranza dei beni culturali esportati illegalmente, dalla Sicilia e non solo, non fa ritorno, essendo molto difficile per gli investigatori dimostrare la provenienza illecita. A ciò bisogna aggiungere l’amara constatazione che, anche in caso di successo, i danni provocati alla conoscenza storica e alla ricerca scientifica restano comunque insanabili. Danni che si sostanziano nella distruzione di milioni di contesti archeologici e nella conseguente irrimediabile perdita di migliaia di informazioni storiche.

Rispetto alle dimensioni di tale saccheggio, le azioni di tutela, prevenzione e repressione sono spesso tardive e inadeguate, a cominciare dalla cronica insufficienza delle risorse umane ed economiche impiegate. Divieti, vincoli, azioni repressive e diplomatiche hanno avuto sinora, in Sicilia come nel resto d’Italia, un effetto molto limitato, riuscendo solo ad attenuare il saccheggio, non certo a fermarlo. Scavi clandestini, furti e traffici illeciti continuano infatti ad essere alimentati dalla spasmodica richiesta di beni culturali da parte di un mercato internazionale la cui ultima destinazione sono non solo i collezionisti privati e i grandi musei che, al di là delle dichiarazioni deontologiche di facciata, spesso in realtà restano consapevolmente e colpevolmente “disattenti” riguardo alla reale provenienza dei reperti acquistati, ma anche, purtroppo, ed è questo forse il problema che emerge con maggiore gravità, gruppi criminali e terroristici che li utilizzano come fonte di finanziamento. Per arginare questo dramma globale una, se non l’unica, strada perseguibile è sicuramente l’acquisizione, da parte della comunità locale, di un senso di appartenenza e di riappropriazione del patrimonio archeologico, partendo dalla considerazione che si protegge solo ciò che si ama e si ama solo ciò che si conosce. In questo senso diventano di fondamentale importanza le attività di educazione al patrimonio culturale rivolte agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, per dare un futuro alle testimonianze del nostro passato, un futuro che passa necessariamente per la riappropriazione del nostro paesaggio nella sua complessità di componenti storico-culturali e naturali, da non sacrificare più ai miti di una modernità superficiale e non rispettosa né dell’archeologia né della storia né della sostenibilità ambientale ed economica.
Simona Modeo e Serena Raffiotta
Foto in evidenza: Testa di Ade e acroliti di Demetra e Kore, Museo Archeologico Regionale di Aidone (foto Serena Raffiotta)

Bibliografia e sitografia
T. Cevoli, Storie senza voce, Viterbo 2020.
T. Cevoli, Traffici di antichità e crimine organizzato in Sicilia, in S. Modeo – S. Raffiotta 2020,
J. Felch- R. Frammolino, Chasing Aphrodite: The Hunt for Looted Antiquities at the World’s Richest Museum, Boston/New York 2011.
F. Isman, I predatori dell’arte perduta. Il saccheggio dell’archeologia in Italia, Milano 2009.
F. Isman,Quando l’arte va a ruba. Furti e saccheggi, nel mondo e nei secoli, Firenze 2021.
pp. 63-78.
S. Modeo – S. Raffiotta (a cura di), Ladri di antichità. Il mercato clandestino di reperti archeologici e di opere d’arte in Sicilia: traffici illeciti e leciti recuperi, Caltanissetta 2020.
E. C. Portale, Saccheggi e recuperi dei reperti archeologici: il caso siciliano, in S. Modeo – S. Raffiotta 2020, pp. 9-14.
S. Raffiotta, Caccia ai tesori di Morgantina, Assoro 2013.
R. Riccardi, Detective dell’arte. Dai Monuments men ai Carabinieri della cultura, Milano 2019.