Tutti i cetacei del Mediterraneo e della Sicilia
Lāestate scorsa si sono guadagnati addirittura i titoli sui giornali: ben due capodogli impigliati nelle reti al largo delle Eolie. Nel maggio 2019, tre animali della stessa specie trovati morti nel giro di pochi giorni tra CefalĆ¹, Palermo e Milazzo. Purtroppo se ne parla spesso solo in occasioni drammatiche eĀ molti non sono consapevoli della presenza di balene e delfini nel Mediterraneo. Ce ne sono ben otto specie diverse, e non solo: costituiscono delle popolazioni propriamente mediterranee, diverse dal punto di vista genetico da quelle dell’Atlantico. Le acque della Sicilia non fanno eccezione, anzi, ospitano tutte le specie regolari del Mare Nostrum. Vediamoli piĆ¹ da vicino.
I “nostri” cetacei comprendono due veri e propri giganti: il record spetta alla balenottera comune (Balaenoptera physalus) che si puĆ² incontrare tra l’altro nello Stretto di Sicilia e in quello di Messina. E’ l’unico misticete dei nostri mari (cioĆØ cetaceo dotato di fanoni per filtrare anzichĆ© di denti). Lunghe fino a 22-24 metri, le balenottere comuni sono grigio ardesia, ma hanno una inconsueta colorazione asimmetrica con solo mandibola destra bianca.Ā
Generalmente i misticeti migrano facendo la spola tra i quartieri alimentari e le zone di riproduzione; se si comportino allo stesso modo anche le balenottere comuni del Mediterraneo ĆØ uno dei primi interrogativi che i ricercatori si erano posti. E’ noto ormai che diverse centinaia di individui si ritrovano ogni estate per far provvista di cibo tra la Corsica e la costa italo-francese, PiĆ¹ difficili sono da individuare le rotte invernali che portano almeno una parte degli animali, verso sud. Un piccolo gruppo si trova ogni anno al largo di Lampedusa, dove mangia in superficie. Che il Canale di Sicilia sia un luogo “strategico” per le balenottere ĆØ stato confermato anche da un tracking satellitare effettuato dall’Istituto Tethys, che ha documentato la migrazione primaverile di due balenottere proprio da Lampedusa verso il Santuario Pelagos.
Il secondo gigante ĆØ il capodoglio (Physeter macrocephalus), che in Mediterraneo misura sui 13 metri, ma puĆ² arrivare ai 18. Ha la testa enorme, che prende un terzo del corpo: appare squadrata se vista di lato, ma curiosamenteĀ stretta da davanti. Lo sfiatatoio non ĆØ al centro come nelle altre specie, bensƬ spostato di lato, il che conferisce al suo soffio un andamento obliquo verso sinistra . Negli anni 80 eraĀ piuttosto raro,Ā spessissimo vittima delle reti pelagiche, in cui si impigliava facilmente con la mandibola sottile e irta di denti; negli anni piĆ¹ recenti viene avvistato piĆ¹ di frequente anche se, come hanno dimostrato i casi recenti, il problema ĆØ tuttāaltro che superato.
Completano poi la rassegna quattro diversi delfini, tra cui i piĆ¹ comuni, quasi dappertutto tranne che nellāAdriatico, sono le stenelle (Stenella coeruleoalba), riconoscibili dalla tipica striatura bianca sul fianco, lunghe circa 2 metri. Sottocosta sono piĆ¹ frequenti i tursiopi (Tursiops truncatus), piĆ¹ grossi, di un grigio abbastanza uniforme. I grampi (Grampus griseus) invece si riconoscono a prima vista dal corpo ricoperto di graffi bianchi; infine, il delfino comune (Delphinus delphis), un tempo abbondante in Mediterraneo, oggi ĆØ diventato estremamente raro a dispetto del nome; lo si incontra a volte associato a gruppi di stenelle striate. Ć un delfinide anche il globicefalo (Globicephala melas), nonostante abbia un aspetto particolare: lungo fino a 6 m, ĆØ nero con un disegno bianco sulla pancia e riconoscibilissimo dalla testa āa pallaā da cui prende il nome. Per ultimo, lo zifio, che appartiene a una famiglia a sĆ©, ed ĆØ un cetaceo ādi profonditĆ ā, sempre sui 6 metri, che vive spesso in zone di canyon sottomarini.
Completano poi la rassegna quattro diversi delfini, tra cui molto frequenti, sono le stenelle (Stenella coeruleoalba), riconoscibili dalla tipica striatura bianca sul fianco, lunghe circa 2 metri. Sottocosta si incontrano invece piĆ¹ facilmente i tursiopi (Tursiops truncatus), piĆ¹ grossi, di un grigio abbastanza uniforme. I grampi (Grampus griseus) invece si riconoscono a prima vista dal corpo ricoperto di graffi bianchi; infine, il delfino comune (Delphinus delphis), un tempo abbondante in Mediterraneo, oggi ĆØ diventato estremamente raro a dispetto del nome; lo si avvista a volte associato a gruppi di stenelle striate. Ć un delfinide anche il globicefalo (Globicephala melas), nonostante abbia un aspetto particolare: lungo fino a 6 m, ĆØ nero con un disegno bianco sulla pancia e riconoscibilissimo dalla testa āa pallaā da cui prende il nome. Per ultimo, lo zifio, che appartiene a una famiglia a sĆ©, ed ĆØ un cetaceo ādi profonditĆ ā, sempre sui 6 metri, che vive spesso in zone di canyon sottomarini.
Purtroppo oggi i cetacei devono far fronte sempre piĆ¹ spesso a gravi minacce per la loro sopravvivenza. Il degrado dell’habitat ĆØ indubbiamente tra i piĆ¹ insidiosi: ci sono inquinanti, sia sotto forma di rifiuti āvisibiliā che di piĆ¹ subdole sostanze chimiche. Tra queste i famigerati DDT (una categoria di vecchi insetticidi, oggi messi al bando, maĀ ancora presenti), piĆ¹ i PCB e i āritardanti di fiammaā.
A questo si aggiungeĀ lāinquinamento acustico; per i mammiferi marini lāudito ĆØ il senso principale, con cui comunicano e si orientano. Il traffico marittimo, crescente di anno in anno, causa un rumore di sottofondo che ĆØ difficile credere non interferisca con la loro vita. In piĆ¹ alcune specie, come gli zifii, possono essere uccisi in massa dai potenti sonar militari. Inoltre determinate attivitĆ di ricerca in mare possono costituire un disturbo invalidante per i mammiferi marini, dalle operazioni di esplorazione del fondale, alla ricerca di gas e derivati petroliferi, alle costruzioni offshore in generale. Un altro rischio che incombe sull’incolumitĆ dei cetacei sono le collisioni con le imbarcazioni veloci, un pericolo in crescita costante.
Anche la pesca causa problemi: quella industriale, praticata in maniera sempre piĆ¹ intensiva, sta decimando in maniera drammatica tutti i piĆ¹ grandi stock ittici del mondo, e il Mediterraneo non fa eccezione, tanto ĆØ vero che ci sono zone in cui i delfini non trovano letteralmente piĆ¹ cibo. E altrettanto insidiose sono le stesse attrezzature da pesca, come detto, soprattutto le reti; le famigerate āderivanti pelagicheā, lunghe chilometri e chilometri, oggi sono fortunatamente bandite dalla ComunitĆ Europea, ma restaĀ il problema dellāuso illegale e delle reti fantasma, abbandonate in mare.
Infine, il riscaldamento globale, che non riguarda certo solo gli umani: gli animali marini tendono a cercare temperature piĆ¹ fresche spostandosi verso i poli; ma se questo funziona negli oceani, non cosƬ nel Mediterraneo, che a nord ĆØ chiuso. Questo purtroppo lascia prevedere che le specie nostrane saranno tra le prime a soffrire del cambiamento climatico globale.

In alto: coda di capodoglio (Physeter macrocephalus)
Foto dell'articolo: Istituto Tethys

BALENE SALVATECI! I CETACEI VISTI DA UNāALTRA PROSPETTIVA
Da āSalviamo le baleneā a ā¦ āBalene, salvateci!ā Cosa ĆØ cambiato? Oggi non ĆØ piĆ¹ solo questione di salvare i grandi cetacei perchĆ© ĆØ la missione di alcuni romantici ambientalisti, ma anche per motivi completamente diversi ā e nel nostro stesso interesse.Ā
Senza nulla togliere al loro fascino, questi meravigliosi e sorprendenti mammiferi marini si stanno rivelando un pilastro fondamentale dellāequilibrio degli oceani e quindi del pianeta, tanto che potrebbero aiutarci addirittura ad controllare il problema dei gas serra. Per questo ĆØ forse ĆØ giunta l’ora di cambiare il nostro modo di vederli.Ā
Balene e delfini sono gli organismi del mare che piĆ¹ ci assomigliano; accanto alla tradizionale divulgazione scientifica, nel libro scopriamo che molti hanno anche una storia da raccontarci, storie che non solo assomigliano ma spesso si intrecciano con quelle umane. Anche per orche, megattere, capodogli ogni individuo ĆØ unico e insostituibile; hanno legami che durano tutta la vita, una cultura tramandata dalle nonne, e la morte di un congiunto ĆØ un avvenimento che sconvolge: balene e delfini sono molto piĆ¹ simili a noi di quello che credevamo, non solo dal punto di vista biologico ma anche per la loro cultura e i loro āvaloriā.Ā
Il libro segue il primo dellāautrice, “Le mie balene. I cetacei del Mediterraneo visti da vicino”, e nasce sempre dalla sua esperienza ultra-trentennale di ricerca e tutela dei cetacei. Peraltro ĆØ un’attivitĆ non sempre compresa da tutti, sottolinea lāautrice, tanto ĆØ vero che anche in āBalene salvateciā, tra un capitolo “serio” e l’altro si scontra, con umorismo e un pizzico di autoironia, con aneddoti ed equivoci quotidiani su animali cosƬ poco conosciuti nel nostro Paese.Ā