LA GROTTA MAGGIORE: UNO DEI SITI PIÙ ANTICHI DI SCICLI.

Le tracce della civiltà ellenica ritrovate in una stalla preistorica

by Paola Dantoni
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Nel territorio sciclitano sono molteplici i siti che attestano la presenza umana, già a partire dal Neolitico, e tra questi uno in particolar modo osserva la città dall’alto e presenta una continuità d’uso dalla Preistoria fino all’epoca ellenistica.

Il sito in questione è la Grotta Maggiore situata a monte di una collinetta, vicino l’attuale ospedale di Scicli. Questa è stata da sempre presente nella memoria dei cittadini sciclitani come luogo custode della “truatura” e di numerosi misteri, come testimoniato da antiche leggende popolari.

La grotta è una cavità di natura carsica formata da un vano iniziale sul fondo del quale si apre un cunicolo. Percorrendo quest’ultimo si alternano spazi molto bassi, da percorrere strisciando e vani piuttosto alti, nei quali si sta tranquillamente in piedi (fig. 1).

Fig. 1 - interno della grotta (foto di Antonio Giannone)

Un’altra cavità più piccola e bassa è presente vicino alla prima grande grotta, ma il percorso all’interno di questa piccola galleria è impraticabile e rischioso a causa di frane che interessano il costone roccioso.

La zona fu interessata da scavi clandestini fin dall’800. Le prime vere e proprie indagini sono state realizzate da Bernabò Brea nel 1945. Tra i rinvenimenti segnalati nella zona vanno menzionati reperti dell’Età del Rame, in particolare delle facies del Conzo, San Cono-Piano Notaro e Serraferlicchio. Questi risultati sono molto importanti perché i dati pertinenti l’Eneolitico nel territorio citato sono sporadici e quindi il sito mostra una grande possibilità di studio per l’Età del Rame. Questi ultimi frammenti sono stati segnalati da un articolo comparso sul giornale di Scicli, scritto da Paolo Nifosì, nel Giugno del 1982.

Anche il periodo Castellucciano (Bronzo Antico) è ben documentato, come testimoniano i reperti custoditi al museo civico Belgiorno di Modica, caratterizzati da una decorazione bruna su fondo giallo. I motivi decorativi sono tipici castellucciani, quali linee verticali o orizzontali che corrono per tutto il profilo del vaso.

Non sono solo le epoche preistoriche ad essere presenti nei pressi di quest’importante sito, sono stati infatti segnalati rinvenimenti di ceramica attica di importazione a vernice nera e ceramica ellenistica. Il sito probabilmente ha avuto un iniziale utilizzo come rifugio per gli animali.

La lunga frequentazione della Grotta Maggiore potrebbe testimoniare anche un uso cultuale di questa. L’importanza e la continuità d’uso è da attribuire anche alla sua posizione strategica che domina l’antico corso del fiume Mothycanus (così citato da Tolomeo), oggi conosciuto come Fiume Lato.

Fig. 2 - Ingresso grotta Maggiore (foto di Emanuele Caschetto)

La Grotta è anche denominata del Mangione (questo secondo nome potrebbe nascere dalla corruzione del termine siciliano “Maggiuri”; un’altra credenza vuole che il termine “mangione” nasca dal fatto che l’ingresso del cunicolo interno alla grotta stessa, abbia le sembianze di un volto con la bocca dischiusa, fig. 2). Un’ultima ipotesi è che il termine “Maggiore” si riferisca alla presenza di più cavità, come sopra descritto, di cui quella in esame è più grande rispetto alle altre.
Far conoscere questi luoghi è sicuramente uno dei modi migliori per valorizzarli e proteggerli. La conoscenza, a partire dai più piccoli, del nostro patrimonio è uno dei primi pilastri per formare cittadini più consapevoli della loro storia e del loro passato.

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