Scicli, oggi ridente cittadina barocca, colpita dal tremendo terremoto del 1693 e in parte ricostruita nel corso del settecento, resa fortunata dalle vicende televisive de “Il commissario Montalbano” è anche archeologia! A Scicli, infatti, nella zona a nord est della centralissima Piazza Italia e precisamente sotto la pavimentazione stradale di Via Loreto, si trova un’interessante cisterna/granaio realizzata scavando la roccia calcarenitica del sottosuolo. Vi si accede entrando dal civico 13 di Via San Bartolomeo. L’immobile oggi è di proprietà privata ed essendo un sito di interesse archeologico la Sovrintendenza di Ragusa vi pose il suo vincolo. Nel 1782 in occasione del suo Grand Tour, il granaio fu rappresentato, in uno dei suoi tipici acquerelli dal viaggiatore francese Jean Pierre Houel, del quale ci informa anche l’arciprete dell’antica matrice della città (attuale chiesa di San Matteo) Antonino Carioti nel ‘700. Nel corso dell’Ottocento, invece, ce ne parla il canonico Pacetto, una delle “figure culturali” che si distingue in città durante il XIX sec., mentre nel secolo scorso se ne interessò anche l’archeologo sciclitano Elio Clemente Militello.
Il Carioti, nelle sue “Notizie storiche della città di Scicli” parla di due grotte “di somma ammirazione … sotto il palazzo del barone Salonia, nella radice della collina. Le quali due grotte sono non meno alte che larghe, ed in cima alle loro volte vi si osservano alcuni buchi rotondi, che un tempo davano la luce a quelle grotte, i quali buchi furono poi chiusi da grossi lastroni, su dei quali oggi vi si cammina, perché vi è la pubblica strada che porta alla chiesetta di Santa Maria di Loreto. Queste due grotte sono assai simili alle catacombe di Siracusa”.
Il viaggiatore Houel, venuto a Scicli negli ultimi decenni del settecento, non si limitò a descrivere questi monumenti, bensì, come precedentemente accennato, li rappresentò e allegò l’incisione al suo “Voyage pittoresque” con il seguente commento: “Nel palazzo del barone Salonia esistono delle grotte molto ben fatte nella volta, attraverso cui un tempo vi calavano le derrate, per conservarle.
Ne ho disegnato una per mostrarla. Questa rotonda possiede un’anti-grotta o anti-deposito, cioè una anticamera che conduce in altre sale come questa, che è la più bella, per via della volta a cupola, nella cui sommità un’apertura circolare mette in comunicazione con un vano dello stesso genere”.
Questi ambienti sono preceduti da un corridoio in muratura di una quindicina di metri leggermente in salita, poi si entra nel complesso rupestre attraverso due aperture: una frontale e una a sinistra. La prima conduce in un ambiente semiellittico lungo l’asse maggiore, con lato ricurvo volto a sud e lato diritto in direzione Est-Ovest. Quasi al centro del lato curvo si trova una grande nicchia, mentre un’altra di minori dimensioni si nota dirimpetto all’ingresso. Le pareti del vano sono verticali e nella volta si ha un’apertura troncoconica la cui bocca è chiusa da lastroni.
La porta laterale del corridoio principale di accesso porta ad altri due ambienti contigui. Il primo è un vano rettangolare molto stretto con lato occidentale ricurvo, l’ambiente è separato dal precedente da un diaframma roccioso in cui si trova una porta murata; il corridoio ha le pareti a piombo e il soffitto piano, nella cui parte terminale vi è un’apertura simile a quella del primo vano. Il terzo ambiente (contiguo al secondo) è composto da un camerone quadrangolare nella cui parete settentrionale si trovano altre due porte murate. Il lato ovest è costituito da un muro che dà in un cortiletto privato tramite una porta; il lato meridionale, invece, presenta una grande nicchia; le pareti sono a piombo, mentre sulla volta si ha un’apertura simile alle precedenti e, come esse, chiusa da un lastrone. Il lato orientale di questo ambiente (delimitato da due pilastri che lasciano due stretti passaggi ai lati) immette in un vano identificabile con la “rotonda” disegnata da Houel nel suo acquerello. La “rotonda” si conserva intatta nella volta e nella sua metà settentrionale, invece a occidente la parete fu demolita per consentire la comunicazione con il camerone antistante e nella parte opposta vi fu scavata una nicchia. La volta è a cupola, piuttosto allungata, con alla sommità un’apertura troncoconica. Houel, nel disegnare questo vano, scelse come punto di vista la parte più interna in modo da poter riprodurre l’ingresso caratterizzato dai due pilastri. La bocca di questo oculus, chiusa come le altre mediante lastroni, si trova sotto il piano stradale di via Loreto (percorrendo questa strada si nota, sotto ai nostri piedi, una differente posizione del selciato in pietra calcarea).
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Verosimilmente si tratta di un insieme rupestre destinato alla conservazione di acqua o di derrate alimentari (principalmente grano) cronologicamente collocabile al periodo tardo imperiale. Questi ambienti ricordano la “rotonda di Antiochia” che si trova all’interno delle catacombe di San Giovanni a Siracusa. Questi tipi di strutture sono presenti anche vicino Canicattini Bagni (Cozzo Guardiole), nell’agrigentino (“grotte Fragapane”), a Scordia e nei monti palermitani della Gurfa presso Alìa. Il complesso sciclitano presenta, però, la caratteristica della cisterna rettangolare con oculus.
Questi ambienti rupestri dimostrato, anche per via di altri ritrovamenti, che il colle di San Matteo in epoca tardoantica ospitava un consistente abitato e che gli antichi cittadini sciclitani si servivano di alcune vie di collegamento, qualcuna scavata all’interno della roccia, che permettevano loro di scendere dalla parte alta della città fino alla zona inferiore dove si trovavano le campagne da coltivare e risalire.
La “rotonda” appena descritta purtroppo allo stato attuale non è visitabile in quanto i proprietari non permettono l’accesso agli ambienti. Avendo come obbiettivo una visione di salvaguardia, e quasi utopicamente di fruizione, sarebbe interessante riuscire ad approfondire gli aspetti archeologici di questo particolare quartiere sotterraneo della città.
In copertina: Disegno e incisione all’acquatinta di Jean Pierre Houel
Fonti:
– Bartolo Cataudella “Scicli, storia e tradizioni”, Editore Comune di Scicli – 1970;
– Antonino Carioti “Notizie storiche della città di Scicli”, Editore Comune di Scicli – 1994;
– F. Gringeri Pantano, G. Leone “Jean Houel e la Sicilia. Gli Iblei nel Voyage pittoresque 1776-1779”, Ed. Ariete – 1999
– Pietro Militello “Scicli: archeologia e territorio”, Progetto K. A. S. A. – 2008;
– Salvo Miccichè, Stefania Fornaro “Scicli, storia, cultura e religione, Carocci Editore – 2018