Antropizzazione bizantina della Sicilia centrale.
L’entroterra agrigentino, caratterizzato geologicamente dalla formazione gessoso-solfifera, si caratterizza per una antropizzazione diffusa sin dal neolitico. Si può affermare che ogni emergenza calcarea fu sede di villaggi dell’età del rame prima e del bronzo poi. Tralasciando la colonizzazione micenea della valle del Platani (antico Halicos, il fiume salato) rivolgiamo la nostra attenzione sulla totale colonizzazione greco-romana dei migliori terreni coltivabili e delle risorse minerarie: sale e zolfo.
Presso ogni sorgente troviamo un fiorente villaggio romano che, malgrado le distruzioni vandale del 440 d. C. continuarono la loro vita attraverso il periodo bizantino (535-827) sia pure con popolazione ridotta. Nel secolo VIII avvennero due avvenimenti di fondamentale importanza: l’arrivo di popolazioni trogloditiche dal Medio Oriente e l’iconoclastia imposta dagli imperatori di Costantinopoli.
Nel Caucaso, Cappadocia ed Armenia in particolare, le stratificazioni tufacee delle tenere polveri vulcaniche favorirono il nascere di una civiltà in grotta. Le escavazioni interessarono vari livelli sottoterra, fino a costituire delle vere città sotterranee. Il trasferimento di soldati, con le loro famiglie, dal thema Armeniacon e l’esodo di monaci basiliani iconoduli dalla regione caucasica, portò agli insediamenti trogloditici bizantini che, essendo stati attenzionati nella Sicilia orientale dall’Orsi, nella parte occidentale sono ancora poco conosciuti. Basti citare l’esempio del villaggio bizantino della Gurfa di Alia, ancora ritenuto di origine araba dalla storiografia moderna (Tusa).
All’arrivo dei bizantini la Sicilia era già interessata dal fenomeno grottale sin dalla preistoria. L’attività di escavazione non poté che avvalersi delle cavità artificiali presenti adattandole alle proprie esigenze. Compaiono così volumi parallelepipedi,
piccoli e grandi: case, depositi, stalle, chiese, cenobi, oratori. Purtroppo la mancanza totale, o quasi, di elementi decorativi e figurativi imposti dal potere imperiale, ci rende spesso difficile stabilire la loro destinazione d’uso. Tuttavia nelle grotte di abitazione sono spesso visibili i fori di evacuazione del vapore acqueo originato dalla respirazione, nei depositi gli alloggiamenti dei pithoi granari, nelle stalle le mangiatoie. Alcuni buchi caratteristici, sia all’interno che all’esterno, rivelano l’uso di pressoi per l’uva, mentre le vasche contigue scavate nella roccia facevano parte dei palmenti per l’estrazione dell’olio di oliva.
Le chiese, spesso dalla volta a botte, si riconoscono per la presenza di nicchie rettangolari che fungevano da altari e da escavazioni ad arco che simboleggiavano le absidi. Non mancano a volte le iconostasi litiche o i buchi per quelle lignee. All’interno delle chiese ed all’esterno i loculi a sezione trapezia e gli arcosoli di nuova introduzione erano le sepolture dei più abbienti.
I cenobi erano costituiti da gruppi di celle vicine, ma separate, laure, spesso a mezza costa sia per la ricerca dell’isolamento che per la difesa dalle fiere.
Gli oratori si riconoscono per la presenza di subsellia (sedili scolpiti nella roccia) dove i monaci si riunivano a pregare.
Tracce ed insediamenti bizantini a Racalmuto.
Ogni villaggio romano del territorio di Racalmuto, a cavallo fra la valle del Platani e del sacro fiume Akràgas, presenta tracce di continuità di abitazione nel periodo bizantino, sebbene con densità abitativa ridotta: Fico-Troiana, Turri (con fornace romana di IV secolo) Racalmuto, Roveto-Judì, Culmitella, Menta, Garàmuli, Ficamara, Fra Decu, Castelluccio, ecc. Ne fanno fede le ceramiche da mensa e sopratutto le tegole pettinate.
Roveto-Hisn Al Minsciàr
Restringendo il campo di indagine all’odierno abitato di Racalmuto bisogna precisare che origina dall’insediamento romano del Roveto sulla collina del Serrone, vincolato dal PRGC. Dove sono evidenti tracce di muri e vasellame romano che reputo pertinenti alla massa Cosconiana.
Gli Arabi vi realizzarono uno hisn, ossia un piccolo centro fortificato, denominato da Al Idrisi Al Minsciàr, la sega, translitterato in Serrone. L’autore arabo, nella traduzione dell’Amari (Biblioteca Arabo-Sicula), precisa che era “abitato e coltivato dai naturali”.
Chi potevano essere i naturali se non la residua popolazione siculo-greca di religione ortodossa? Nei pressi un masso roccioso ospita la necropoli con tombe bisome e trisome.
Cenobio del Serrone
A qualche centinaio di metri, sulla parete settentrionale del Serrone, una grande escavazione presenta una chiesetta, circa 1,60 x 2,5 mt, con due lunghi corridoi di circa 1,60 x 6 mt ciascuno. Misure molto approssimative. All’esterno due lunghi sedili e due nicchie con sedili. Si tratta evidentemente di un cenobio bizantino, ultimamente trasformato a camera dello scirocco all’interno della vicina villetta ottocentesca.
Abitato trogloditico bizantino
L’abitato si diffuse verso valle fino alla Fontana. Numerose grotte sono sotto le case del paese. Nella zona del Bastione, oggi parzialmente occupata dalla Fondazione Sciascia, si trovano varie grotte, di cui una sembra essere una laura sopraelevata.
Rahal Mut
Gli Arabi invasori si riservarono l’abitato che crebbe intorno al rahal (ossia il luogo di sosta) di Mut, il primo gestore. In planimetria se ne riconosce il tracciato delle mura.
Oggi quartiere della Madonna della Rocca. Mentre i Normanni costruirono le loro case a ridosso del Castello. Anche qui si riconosce il circuito delle mura.
Il Monte Castelluccio fu sede di abitazione bizantina. Residua una Grotta di Lu Rimitu, una grotta con sedile, e una fontana con due vasche scolpite nella roccia (Scifi di Lu Vozzaru).
Tesoretto aureo bizantino
La testimonianza più preziosa della presenza bizantina nel territorio racalmutese è costituita dal rinvenimento nel villaggio romano-bizantino di contrada Fico-Troiana di un gruppo di monete d’oro, oggi conservate nel museo archeologico P. Griffo di Agrigento. Si tratta di 205 pezzi che vanno da Tiberio II (578-582) fino a Eracleona (641) ed attestano lo sviluppo economico raggiunto dal villaggio romano-bizantino probabilmente al centro di una massa Troiana.
Ancora in tempi normanno-svevi la comunità bizantina dovette essere attiva, come dimostra la testimonianza di Al Idrisi e la denominazione delle più antiche chiese: S. Antonio, S. Agata, S. Gregorio, S. Venera.
2 comments
Anche a Riesi ci sono tombe a forno e molte grotte da abitazione ormai inglobate nelle case . Nessuno le ha mai studiate e le Soprintendenze sono sorde alle richieste di sopralluogo e di studio. Al di fuori delle tracce greco-romane, sembra che lo studio e la ricostruzione degli insediamenti castellucciani e siculi non attragga l’attenzione degli studiosi.
In Sicilia sono decine di siti interessati da tombe e necropoli delle varie epoche