Il visitatore del Sud-est della Sicilia si trova dinanzi ad uno spettacolo degno di un quadro dell’impressionismo ante-litteram: sullo sfondo di un paesaggio di rada vegetazione secca bruciata dal sole, emergono, quasi a delimitare un quadro, muretti a secco segnati dalle tracce del tempo e al suo interno un maestoso carrubo a cupola di un verde scuro quasi a negare l’aridità del luogo. E lo stridulo frinire delle cicale diviene l’armonioso basso continuo che si diffonde nell’aria.
Il suo nome carrubo proviene dall’arabo Al-Charrob ed indica da un lato la provenienza dell’aria medio-orientale e dall’altro le vicende storiche legate alla sua diffusione nell’isola e più in generale all’area del bacino mediterraneo. La denominazione scientifica di Ceratonia siliqua, L. riassume l’aspetto del frutto: corno (dal greco) e baccello (siliqua) dal latino.
Il mediterraneo è cosi: la superficie nasconde una ricca profondità che emerge dalla sua storia. Se ci si avvicina, e si è in presenza di un vecchio carrubo, spesso si resta meravigliati da quei rami contorti ad andamento quasi orizzontale che fanno assumere all’insieme pose naturalmente artistiche. Ancora più singolare è la vista del tronco che spesso si avvolge a spirale antioraria (foto 1) come risposta statica alle sollecitazioni del vento e del peso della parte aerea. In generale la parte aerea, lasciata crescere naturalmente, raggiunge la superficie del terreno. In tal modo costituisce un riparo naturale e per tale veniva utilizzato nella stagione estiva durante i lavori agricoli. Talvolta invece la vegetazione assume un andamento parallelo alla superficie del terreno come risultato del pascolo delle foglie, molto appetite dai bovini.
Le foglie sono di un verde scuro da attribuire probabilmente alla capacità di estrarre l’azoto atmosferico dovuta alla sua appartenenza alla famiglia delle leguminose caratterizzata dalla simbiosi con i batteri azotofissatori.
Il carrubo, simbolicamente, esprime la forza del mediterraneo con quella capacità che ha di insediarsi anche su suoli difficili dove le potenti radici riescono a penetrare tra fessure rocciose e trarne nutrimento. L’ambiente è duro e ne forgia il “carattere”.
Carrubo è specie che conferisce forte identità all’area del Sud-est dell’isola: talvolta assume la configurazione a cupola (foto 2 ) – quasi a richiamare i tratti di una moschea- mentre nell’area prospiciente la costa la sua architettura diviene a “bandiera” (foto 3) a segnalare la direzione del vento dominante, fino a divenire specie ornamentale nelle ville residenziali a testimonianza del forte simbolo identitario (foto 4).
Tali caratteristiche ne hanno esaltato gli aspetti paesaggistico-ambientali alle quali nel secondo dopoguerra la specie è stata confinata a motivo della sua scarsa remuneratività economica; parallelamente finiva per limitare la propria presenza alle aree marginali del territorio. Solo di rado veniva estirpato per fare posto alla serricoltura, perché le aree su cui insiste quest’ultima sono in prevalenza quelle prospicienti la costa, mentre il carrubo si trova nelle aree più interne destinate a “seminativo arborato”.
L’uso industriale del frutto è stato quello della distillazione. Gli usi alimentari precedenti alla seconda Guerra Mondiale si sono limitati all’industria mangimistica solo occasionalmente interessavano l’alimentazione umana.
Degna di segnalazione è la sua complessa fioritura: talvolta sulla stessa pianta si possono riscontrare sia fiori ermafroditi che fiori unisessuali maschili e femminili. Di certo un prezioso suggerimento concreto per sfatare l’erronea credenza di quanti invece ritengono la natura ridotta allo schema binario maschio/femmina. La natura gode di gradi di libertà infiniti rispetto al riduzionismo binario. In questo ci ha confinati la pervasiva logica binaria dello 0-1. Talune pratiche hanno rifluenze che vanno ben oltre lo stretto ambito cui sono applicate, con probabili e pericolose ricadute sul piano delle problematiche sociali. in tal senso un “viaggio” intorno al pensiero fenomenologico, in particolare nella sua versione genealogica, potrebbe essere stimolante.
Nel carrubo sono peraltro evidenti nelle infiorescenze i segni di regressione fiorale: sia perché le infiorescenze sono prive di sepali e petali sia per la maggiore frequenza di fiori unisessuali su piante distinte (Dioiche) dove rimangono tuttavia gli abbozzi del precedente ermafroditismo. Le infiorescenze giungono a maturazione fra la fine di agosto ed il mese di settembre. In questa epoca i fiori spargono un delicato profumo. La raccolta avviene nella stessa epoca in cui si ha la differenziazione fiorale. L’emissione di nuova vegetazione è condizionata in primo luogo dalla disponibilità di umidità nel sito di insediamento e quasi sempre è limitata alla stagione autunno-invernale.Il frutto, la siliqua, è distinta in setti ciascuno dei quali contiene un seme, carato (Keration). Un tempo impiegato per indicare la purezza dell’oro poiché ritenuto di peso costante. In realtà il peso del seme subisce la sorte complessiva dell’intero frutto nel senso che varia in funzione delle dimensioni del frutto. I semi costituiscono la parte più pregiata del frutto per il loro contenuto in sostanze addensanti molto richieste dall’industria alimentare ed in particolare dalla gelateria. A queste sostanze si deve la rinascita del carrubo.
In anni recenti l’aumentata richiesta di queste sostanze addensanti ha fatto lievitare i prezzi del frutto facendo uscire il carrubo dalla marginalità storico-paesaggistica, promuovendolo a coltura da reddito. In tale condizione il carrubo è stato riscoperto tanto da incoraggiare nuovi impianti. Ciò significa che la specie viene guardata con nuovo interesse e quindi con occhio non più rivolto al passato, quasi reliquia da conservare, bensì rivolto al futuro. Tuttavia non va sottovalutata l’alea del mercato, tenuto conto che, i prezzi delle carrube sono improvvisamente crollati, probabilmente a causa delle importazioni in autunno dal Nordafrica.
Sotto il profilo alimentare un cenno va fatto per quanto riguarda la produzione di un particolare fungo – Poliporus sulphureus– dal profumo intenso, che in occasione di piogge di fine estate-autunno emerge in particolare da piante con legno gravemente cariato.
Un’altra cosa che merita segnalazione è il miele di carrubo: una vera rarità.
Infine, per quanto riguarda i parassiti, fino a poco tempo fa si poteva dire che il carrubo non subisse aggressioni rilevanti. Negli anni recenti invece subisce l’attacco di un piccolo coleottero : Xylosandrus compactus che arreca danni consistenti ai rami insediandosi sotto la corteccia e facendoli disseccare (foto 7). Degna di segnalazione per tale parassita è la particolare simbiosi con il fungo del genere Ambrosia.
Il controllo di questo insetto è problematico in particolare per le caratteristiche della coltura e per il suo insediamento territoriale e per tale ragione risulta difficoltoso qualunque intervento di controllo.
Il carrubo si segnala per la sua generosità, a fronte di una talvolta cospicua produzione, è specie alla quale vengono riservate poche cure: qualche spollonatura del ceppo basale, rare potature e ancora più rare concimazioni. In tal senso si propone, sulla base della attuale legislazione, che esclude l’impiego di prodotti di sintesi, come naturale candidato a godere del titolo di produzione biologica.
Concludo con una prospettiva: che si apre per quei territori agricoli che la cosiddetta“ mano invisibile” del mercato ha marginalizzato facendoli uscire dall’area della sostenibilità economica per mancanza di alternative praticabili, consegnandoli a gravi ricadute sul piano della stessa sostenibilità ambientale; e con l’auspicio che, proprio
per questi territori, il carrubo per la sua rusticità e parsimonia colturale, si proponga, come alternativa praticabile per recuperare la loro funzione economica e conseguentemente quella della sostenibilità ambientale.