Nella zona degli Iblei il paesaggio è caratterizzato da gole scavate nell’altopiano calcareo, dette cave, ovvero “canyon” scavati da torrenti. Queste offrirono quella sicurezza necessaria ad eventuali pericoli. Una, infatti, delle caratteristiche peculiari degli insediamenti del Bronzo Antico Siciliano (facies Castellucciana) fu la loro collocazione sul pianoro sommitale di colli, mentre le tombe, a grotticella artificiale, erano spesso situate proprio sul pendio scosceso della cava. Qui le comunità erano formate da pochi decine di individui, spesso ogni villaggio aveva una propria specializzazione e grazie agli scambi era possibile avere all’interno del proprio villaggio tutto il necessario per la vita quotidiana. Non è stato possibile escludere una concentrazione di ricchezza o prestigio, testimoniato da tombe più ricche e corredi più prosperi.
Nonostante l’omogeneità geologica dell’area, è possibile distinguere una zona siracusana da una ragusana. Nel seguente contributo verranno citati i siti più importanti.
Molti insediamenti furono segnalati nella zona di Palazzolo Acreide e nella valle del Tellaro, dove fu scoperto il sito che diede il nome alla facies, ovvero proprio Castelluccio, nei pressi di Noto (fig. 1).

Qui, oltre alle tombe, venne scavata la parte riguardante lo scarico del villaggio. In loco furono rinvenute fornaci, ma anche schegge di selce che testimoniarono la lavorazione di questo materiale, prelevato nella zona di Monte Tabuto, vicino Ragusa.
Proprio questo insediamento permise di ricostruire quell’economia di villaggio, prima citata, basata sulla caccia e l’agricoltura, ma anche con personale specializzato nella produzione di stoffe, lame e ceramica. Tra le tombe a grotticella analizzate, ne emersero due con due portelli litici (fig. 2) decorati con un motivo a spirale, interpretato, tra le varie ipotesi, come stilizzazione dell’atto sessuale, collegato alla rinascita in contrapposizione alla morte.

All’interno le tombe, spesso ad una sola camera, possedevano più inumati, probabilmente per un riutilizzo della tomba stessa. Tusa pensò che la lama in selce, sotto il capo, servisse ad identificare il sesso del defunto, mentre il vaso all’ingresso della tomba era uno strumento per le offerte.[1] Furono trovati anche amuleti, pendagli, armi in selce e ceramica proveniente da Malta che più che per contatti diretti, dovette arrivare qui tramite lo scalo di Ognina o Thapsos. All’interno della comunità dovettero esservi gruppi egemoni che si distinsero come fu possibile notare da corredi più ricchi. Tombe monumentali sono state rinvenute anche in altri siti, come la già citata tomba di Cava Lazzaro, con dei pilastri nella facciata.
A Monte Casale l’insediamento castellucciano precede quello greco e si giustifica con la possibilità di controllare dall’altura tutta la zona circostante. Qui gli scavi furono condotti da Paolo Orsi tra il 1927 e il 1931 in tre campagne di scavo. Le capanne castellucciane rinvenute dall’archeologo di Rovereto e databili al Bronzo Antico furono rinvenute nel settore sud-occidentale del pianoro.[2]
Nel Ragusano numerosi sono stati gli insediamenti castellucciani segnalati da numerose tombe a grotticella artificiale scavate nella roccia, ricavate nel pendio delle cave. Tra i complessi più monumentali vi fu sicuramente quello di Cava Ispica, in contrada Baravitalla, con numerose tombe a forno ad un’unica cella e due più monumentali con dei pilastri in facciata, rielaborate in una fase successiva aggiungendo una cella laterale. Nel villaggio venne rinvenuto un unicum, ovvero un osso a globuli di colorazione nera, oggi esposto al museo civico Belgiorno di Modica. Tra le capanne dell’abitato, quelle analizzate avevano un pavimento in battuto con argilla e calce. Una capanna si distingueva per la presenza di una nicchia, ipotizzata come presa d’aria per l’ambiente di cottura.[3] Tutta la cava fu interessata da complessi tombali di epoca castellucciana, alcuni non più visibili, perché rielaborati nei secoli successivi.
Un altro villaggio è stato segnalato in contrada Maestro, nei pressi della foce del fiume Irminio, qui delle indagini hanno rilevato 27 capanne circolari con una depressione al centro o per un palo portante o per il focolare. Le capanne avevano uno diametro compreso tra i 4 e gli 8 m.[4]
Nel territorio di Modica uno scavo in contrada Calicantone (fig. 3) ha rivelato la presenza di 93 tombe (fig. 4), formate da due o più camere di forma circolare, ellittica o sub circolare, alcune anche con una banchina interna.
[1] Tusa 1999, pp. 316-317.
[2] Frasca 2017, p. 206.
[3] Di Stefano 2008, pp. 51-52.
[4] Gurrieri 2008, p. 119.


Alcune presentavano anche una decorazione in facciata a finti pilastri. Per quanto riguarda invece il villaggio corrispondente, è stata scavata una capanna biabsidata. Le fasi costruttive furono due:
- Nella prima venne spianata l’area e all’interno costruita la struttura capannicola, impiantando in parte i blocchi sulla roccia spianata, mentre sul lato settentrionale vennero fatti dei buchi nella roccia per i pali montanti;
- Nella seconda fase, invece, avvenne l’allargamento nella parte settentrionale.
Dall’analisi dei materiali rinvenuti è stato possibile intuire i differenti usi delle varie parti della capanna, quali una zona dedita allo stoccaggio e conservazione degli oggetti, un’altra invece dedita al consumo dei cibi o cultuale.[1]
Il piano paesaggistico regionale del 1999[2] citava alcuni siti castellucciani nel comune di Ragusa, segnalati spesso solo da sporadici rinvenimenti, come Castiglione, con un abitato e da una tomba a dromos. Una grotta in contrada San Filippo a Ragusa Ibla, segnalata anche da Tusa[3] e comprendente un insediamento. Evidenze castellucciane sono state segnalate anche a Monte Raci ed in contrada Paolina, dove sono stati rinvenuti un abitato ed una necropoli.
A Ragusa inoltre sono state segnalate tombe del Bronzo Antico fra i torrenti di San Leonardo e Santa Domenica o ancora alcuni siti furono intercettati grazie a rinvenimenti di ceramica in superficie, come in località San Filippo o come in contrada Scifazzo, dove i lavori per l’alloggiamento di un oleodotto hanno portato alla luce parte di un villaggio[4].
Gli scavi, invece, della Grotta di San Filippo subirono un’importante svolta, perché nel 2010 i resti faunistici provenienti da questo sito vennero analizzati dal prof. Wilson, analisi prima fatte solo nel complesso di Branco Grande. Queste rivelarono un’alta presenza di capre e pecore usate probabilmente per il latte, la carne e la lana. Presenti anche bovini e suini, probabilmente per la carne, ma anche lepri e tassi. Vennero, infine, segnalati pithoi con decorazione a cordoni.[5]
Un altro insediamento è quello di contrada Paolina a Ragusa.[6] Da alcune tombe, infatti, emersero vasi di epoca castellucciana. Il materiale oggi è custodito al museo Archeologico Ibleo di Ragusa. È stato anche possibile qui isolare un rito che sembrò prediligere la conservazione dei crani e la selezione delle ossa lunga, forse appartenute ad antenati. Rito che il dott. Di Stefano evidenziò essere presente anche in altri contesti castellucciani, come Poggio Biddini o alla Muculufa, oppure anche in contesti precedenti, come nella necropoli di Piano Vento a Palma di Montechiaro dell’Età del Rame.
Alcuni insediamenti castellucciani erano situati anche nelle zone montuose vicino Chiaramonte Gulfi[7] o a Monte Tabuto e Monte Sallia. A Monte Sallia è stata scavata una capanna dalla forma circolare con una banchina all’interno.[8] Monte Tabuto, i cui reperti in buona parte oggi sono custoditi al museo Pigorini di Roma, si rivelò un importante sito per l’estrazione e la lavorazione della selce. Nell’estate del 1884 vennero, infatti, qui rinvenute in delle “grotte”, poi rivelatesi miniere di selce, dei corpi con del corredo.[9] L’importanza di questi siti fu sicuramente lo sfruttamento e l’estrazione della selce. I minatori castellucciani scavarono delle gallerie con asce basaltiche. Venivano inoltre lasciati dei pilastri per evitare crolli.[10]
Un altro sito rilevante fu quello scoperto a Branco Grande. Aveva un muro di delimitazione a doppio paramento interno ed esterno con uno spessore di 2,50 m.[11] Sono state inoltre trovate circa cinquanta capanne, formate da una base in pietra con doppio paramento. Orsi ha descritto le capanne di forma ellittica con un diametro di 4 x 6 m.[12] Il pavimento, invece, era formato da cenere battuta ed indurita con l’acqua. Rilevante fu la presenza di intonaco che probabilmente rivestiva le pareti delle capanne. L’alzato poteva essere, come a Manfria, supportato da pali montanti.
In copertina: Necropoli di Castelluccio di Noto
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[1] Militello, Sammito 2016, pp. 79-82.
[2] Piano paesaggistico della Regione Siciliana 1999.
[3] Tusa 1999.
[4] Cardinale F., Di Stefano G., Gusmano M., Scerra S. 2015
[5] Mackinnon, Pelegatti 2012-2013, pp. 263-270.
[6] Procelli 1981, pp. 83-110.
[7] Tusa 1999, pp. 325-326.
[8] Tusa 1999, pp. 329-330.
[9] Tusa 1990, pp. 65-76.
[10] Tusa 1999, pp. 326-328.
[11] Tusa 1999, pp. 335-336.
[12] Mackinnon, Pelegatti 2012-2013, pp. 263-270
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