LA FORNACE PENNA DI SCICLI: UN IMPORTANTE ESEMPIO DI ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE

Testimonianza di un passato florido e di una eccellenza in Sicilia già nel 1912

by Paola Dantoni
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La fornace Penna di Scicli è uno dei migliori esempi di archeologia industriale presenti nella cuspide sud orientale della Sicilia. I ruderi dell’edificio sono oggi uno dei simboli della città per i turisti, in quanto la struttura è stata utilizzata come “mannara” nella serie tv del commissario Montalbano. La fornace è anche un punto di riferimento per gli sciclitani, testimonianza di un passato florido economicamente e luce di un’importante famiglia: i Penna.

STORIA DELL’EDIFICIO[1]

L’edificio venne edificato in contrada Pisciotto per volere della famiglia Penna che affidò il progetto all’ingegnere Ignazio Emmolo. Il luogo scelto per la realizzazione della fornace che doveva produrre laterizi, permetteva di avere una cava di argilla dalla quale ricavare le materie prime per la realizzazione dei prodotti e la vicinanza al mare per percorrere lunghe distanze. Lo stabilimento venne ultimato nel 1912 con una superficie totale di 16.000 mq. L’interno della struttura presentava una delle tecnologie all’avanguardia per l’epoca, ovvero il forno Hoffman, composto da sedici camere comunicanti. La manodopera veniva reclutata tra i giovani sciclitani. Le reclute venivano pagate con un tumulo di frumento di proprietà della famiglia Penna e due tarì. La produzione giornaliera era di circa dieci mila pezzi di tegole che venivano commerciate anche con Malta e con la Libia, attraverso dei velieri che arrivavano fino a sottocosta, approfittando dei bassi fondali. Il 26 Gennaio 1924 dall’interno divampò un incendio. I muri esterni calcificati mostrano ancora le alte temperature raggiunte dall’edificio. La natura dell’incendio si ipotizzò essere dolosa, anche perché in quei giorni la fornace era spenta. Con la fine dell’attività della fornace terminò il sogno d’industrializzazione di Scicli, causando la perdita di lavoro di centinaia di ragazzi.

Fig. 1 - Articolo del giornale di Giornale di Scicli

L’OPINIONE PUBBLICA

Con il passare dei decenni l’edificio abbandonato è diventato un’icona, sia per la sua suggestiva posizione che domina il mare, sia per la sua struttura definita dal critico d’arte Vittorio Sgarbi “una basilica sul mare”, per via dell’architettura a tre navate e la ciminiera, paragonabili ad una basilica cristiana. A contribuire alla fama della fornace fu la serie tv del Commissario Montalbano che diede risonanza alla struttura, tramite delle riprese e delle inquadrature ad hoc. La sua storia però, negli ultimi anni, ha dovuto affrontare una serie di questioni giudiziarie. Su un giornale locale, il 5 Febbraio 1989 venne pubblicato un articolo dal titolo “Crolla in parte la ciminiera di contrada Pisciotto”, dove furono segnalati cedimenti strutturali e già all’epoca l’unica soluzione possibile ipotizzata era il passaggio di proprietà dalla famiglia alla Regione. Altra importante soluzione proposta dal prof. Paolo Nifosì, docente di storia dell’arte ed autore del citato articolo, era quella chiaramente di sottoporre la fornace a vincolo. Ancora un altro articolo nel 1993 segnalava crolli nel prospetto principale. Simbolico il titolo dell’articolo che mostrava quest’ultimo cedimento: “Muore il Pisciotto” (fig.1). L’interesse storico-artistico del monumento venne segnalato ancora in molti articoli su quotidiani locali, come in quello apparso sul Giornale di Scicli il 4 Ottobre del 1992, dove venne rilevata una missiva inviata dal Prefetto di Ragusa ai commissari del comune, affinché questi contattassero la Soprintendenza ai Beni Culturali di Ragusa per un intervento di recupero del sito, sottolineando come l’unica soluzione per salvaguardare il bene era ancora una volta il passaggio di proprietà dell’immobile dalla famiglia Penna allo Stato.

Fig. 2 - Articolo del Giornale di Scicli

L’articolo del 1992 parlava addirittura di fondi che sono stati stanziati per un ripristino della ciminiera, fondi che chiaramente avrebbero avuto una destinazione efficace nel momento in cui la fornace sarebbe diventata bene pubblico. In quegli anni le norme in materia di Beni Culturali già erano competenza della Regione Siciliana, secondo la legge costituzionale n. 2 del 1948. Inoltre la legge regionale n. 80 del 1 Agosto 1977 all’articolo 1 cita: “La Regione siciliana, al fine di valorizzare il patrimonio storico – culturale dell’Isola e di sviluppare la più ampia fruizione dei beni culturali e ambientali e di ogni altro bene che possa costituire testimonianza di civiltà, provvede alla loro tutela e promuove le più idonee attività sociali e culturali[1]”. Interesse e fine della Regione era e rimane quella di tutelare e salvaguardare questo importante esempio di archeologia industriale, prima che gli agenti atmosferici ed il tempo ne cancellino ogni traccia, infatti la sua posizione sul mare espone la struttura ad importanti fenomeni di erosione dovuti soprattutto ad agenti eolici. Per quanto riguarda invece l’esproprio, già la legge 2359 del 25 Giugno del 1865 nell’articolo 83 citava: “Ogni monumento storico o di antichità nazionale che abbia la natura d’immobile, e la cui conservazione pericolasse continuando ad essere posseduto da qualche corpo morale o da un privato cittadino, può essere acquistato dallo Stato, dalle Province e dai Comuni in via di espropriazione per causa di pubblica utilità[2]”.

 

Fig. 3 - Articolo del Giornale di Scicli

Nonostante vi fossero ottime intenzioni da parte della Regione per l’esproprio e la salvaguardia del bene, dal 1992 al 1995 nessuna notizia rilevante si ebbe riguardo la fornace, nonostante il suo utilizzo come set a partire dal 1998. I riflettori su di essa furono nuovamente accesi a causa di nuovi crolli  che ne hanno compromesso la stabilità. Nel 1996 inoltre è stata organizzata una giornata di studio, con eminenti personalità dell’architettura e dell’archeologia industriale, per poter discutere varie tipologie di interventi, oltre a valutare le varie proposte sulla destinazione d’uso. Tra i vari progetti esposti, significativo fu quello di creare un parco acquatico all’interno della fornace che riscosse all’epoca una buona parte di consenso, ipotesi che oggi sarebbe ritenuta assurda. Il 6 Novembre 2004 un nuovo convegno organizzato dal movimento Culturale Vitaliano Brancati ha acceso i riflettori sul sito. Riguardo la presenza di alcuni progetti, un articolo del 2000 parlava di un interessante progetto di tre architetti, riguardante la trasformazione del rudere in un centro sperimentale per le colture in serra nella zona costiera, progetto che non avrebbe intaccato la struttura in se e sarebbe stato utile per l’economia locale, basata proprio sulla coltura in serra. Questa idea quindi creava un connubio tra arte, cultura ed economia locale.

La lunga questione burocratica, qui non riportata per motivi di spazio, termina con l’espropriazione definitiva avvenuta con il D.D.G. n. 93 del 2 Febbraio 2024.

BIBLIOGRAFIA

  1. BELLIA, I luoghi del cinema di Camilleri. La mannara di Montalbano, Firenze, 2016.

[1] legge regionale n. 80 del 1 Agosto 1977

[2] legge 2359 del 25 Giugno del 1865

[1] Bellia P. 2016

Oggi la fornace Penna (foto di copertina) è candidata tra i “luoghi del cuori FAI” ed è possibile sostenerla con un semplice click al seguente link:

https://fondoambiente.it/luoghi/ex-fornace-penna?ldc

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