VITA QUOTIDIANA AL TEMPO DI KAMARINA

In visita al Parco Archeologico sulle tracce degli antenati.

by Paola Dantoni
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Nella zona sud-orientale dell’isola esiste una Sicilia greca da alcuni sconosciuta, ma da riscoprire, con una semplice passeggiata in un’antica agorà o una visita all’interno di un tempio.

Tutto questo è possibile nella subcolonia siracusana di Kamarina.

Ma cosa sappiamo di Kamarina?

Tucidide, il più importante tra gli storici greci di età classica, ne narra la fondazione ad opera di due ecisti siracusani Daskon e Menekolos nel 598 a.C. in una collinetta tra i moderni fiumi Ippari e Rifriscolaro. La città prese, infatti, il nome dalla ninfa che, secondo la leggenda, abitava la palude creata dal fiume Ippari, nei pressi della foce.

I buoni rapporti con la madrepatria non durarono a lungo, infatti nel 552 in seguito ad una rivolta, i Siracusani sconfissero Kamarina, appoggiata dai Siculi, in una battaglia sul fiume Irminio, cedendola ad Ippocrate di Gela.

Nuovamente nel 484 a.C. il tiranno siracusano Gelone attaccò la città, trasferendo la sua popolazione a Siracusa, ma nel 461 a.C. cacciati i tiranni dalle città siceliote, Gela decise di rifondarla, facendo rivivere alla città un periodo di grande prosperità, fino al 405 a.C. quando fu distrutta dai Cartaginesi.

Nel 339 a.C. alla fine di un periodo che aveva visto contrapposti siracusani e punici, Timoleonte, stratega corinzio chiamato dai siracusani a raddrizzare le sorti dei suoi domini vessati dalle guerre, ripopolò Kamarina. La prosperità della città, tuttavia durò meno di cento anni e terminò con l’invasione mamertina e la conseguente conquista romana nel 258 a.C.

Non è possibile parlare però di un totale abbandono: la città continuò a vivere in tono minore fino al I sec. d.C. e il promontorio su cui si stendeva vide un villaggio di età tardoantica, forse fu occupato dagli arabi e visse fino al XIV secolo quando sulla estrema punta, i Cabrera, signori di Ragusa, costruirono una torre crollata, malauguratamente, nei primi decenni del ‘900.

Il territorio di Kamarina, in età greca, era diviso in lotti uguali dove erano anche delle fattorie.  Ottimi i rapporti con l’entroterra occupato dalle genti indigene, anche commerciali, come sembrerebbe testimoniare, non solo un emporio fondato sulla sponda sinistra dell’Irminio, ma anche numerose anfore indigene rinvenute all’interno delle necropoli della città.

Il viaggio all’interno dell’antica colonia, dopo un periodo di silenzio, è ripreso la scorsa estate con la riapertura del Museo di Kamarina, a rivisitazione. Il cuore del museo è costituto dalla sala delle anfore, silenziose testimoni sia dei rapporti commerciali che la colonia intesseva con le altre realtà del Mediterraneo, sia della quotidianità di chi viveva questi luoghi. Le anfore non venivano solo usate nei banchetti, come vasi per contenere liquidi, ma ne è testimoniato anche  il loro utilizzo finale come contenitore per le ossa di infanti.

Kamarina possedeva infatti tre aree funerarie: una orientale di Rifriscolaro, databile agli anni immediatamente successivi alla fondazione; a sud della città un’altra in contrada Passo Marinaro, usata dal V secolo fino al III a.C. La terza invece a Scoglitti, usata sia in età arcaica che nel V secolo a.C.

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Ricostruzione di alcune sepolture all’interno del museo di Ragusa (foto di P. Dantoni) 

Il viaggio continua, all’interno del museo, alla riscoperta della Kamarina prima preistorica, con resti faunistici e frammenti ceramici del Bronzo Antico e poi classica con un’esposizione suggestiva di crateri a figure rosse, elementi architettonici ed oggetti della vita quotidiana.

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Cratere a colonnette a figure rosse presso il Museo di Kamarina (foto di F. Parisi)
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Frammento architettonico presso il Museo di Kamarina (foto di F. Parisi)

A metà percorso, sempre all’interno del museo, l’osservatore rimane stupito, in quanto improvvisamente davanti ai suoi occhi si apre il pronao (parte del tempio antecedente la cella vera e propria) dell’antico tempio di Atena, costruito agli inizi del V secolo, dove nella fondazione nord nel 1987 vennero rinvenute 153 lamine di piombo databili al V secolo a.C. con il nome, il patronimico e il numero della fratra (gruppo di appartenenza) di tutti i cittadini liberi che avevano diritti politici.

Una scoperta eccezionale! La visita continua nella Kamarina classica, anche grazie a delle istallazioni interattive che permettono di visionare a 360 gradi reperti oggi custoditi al Museo Archeologico Ibleo di Ragusa.

L’ultima tappa all’interno del museo, ma non per questo meno emozionante, riguarda il mondo subacqueo, alla riscoperta dei relitti rinvenuti lungo il litorale, tra i quali emergono oggetti preziosi, come una statuetta di Venere, elmi e monete.

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Anfore presso il Museo di Kamarina (foto di F. Parisi)

Ma non è tutto. Attraversato infatti il museo è possibile viaggiare all’interno della città vera e propria, abbracciati dalla brezza marina, attraverso una delle antiche strade principali della città.

Oggi passeggiando per queste vie possiamo ancora immaginare il rumore dei carri che solcavano le strade, il suono dell’acqua raccolta in cisterne nei cortili delle abitazioni o ancora il vociare di persone che si incamminavano verso l’agorà. Raggiunta quest’ultima si rimane senza fiato per il panorama dominato dal mare. L’antica agorà era delimitata da portici e divisa in due settori, ricoprendo uno spazio di circa 20.000 metri quadrati. Un settore era probabilmente destinato a tutti gli aspetti civili ed un altro invece a quelli commerciali.

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Percorso all’interno del parco Archeologico di Kamarina (foto di F. Parisi)

Perché visitare Kamarina?

L’importanza della città è di certo testimoniata dalla ricchezza dei reperti custoditi nel suo museo, ma anche dalle fonti storiche e poetiche che ci tramandano che le fu concesso per un breve periodo, attorno all’ultimo trentennio del V secolo a.C., il territorio della lontana Morgantina e che poteva annoverare, alla metà di quello stesso secolo, un campione olimpico, Psaumide, cui Pindaro, dedica ben due odi.

Un viaggio quello nell’antica città e nel suo museo che oserei definire immersivo ed evocativo di quei momenti in cui le strade, i quartieri, l’agorà, il tempio e il porto brulicavano di genti greche e provenienti da ogni parte del Mediterraneo.

1 comment

Sal 20 Gennaio 2023 - 10:22

Bravissima vorrei avere per me questo tuo articolo per favore spediscemelo su WhatsApp 3402775391 grazie e complimenti Sal campo

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