LA SICILIA BRUCIA
Ecco i numeri per capire l’emergenza
Proviamo a dare i numeri che riguardano la questione incendi in Sicilia. Spesso restiamo giustamente sconvolti dalle immagini che diffondono i mezzi di comunicazione o dalla stessa esperienza diretta e personale di vedere le fiamme che divorano le piante e massacrano la fauna selvatica. Ma è bene conoscere alcuni dati che aiutano a comprendere quello che sta succedendo. Cerchiamo di elencarli senza troppi giri di parole, cercando di rispondere alle domande che girano frequentemente sui social.
Perché avvengono tanti incendi in Sicilia?
- La siccità in Sicilia è qualcosa di concreto e tangibile, l’ultimo dato regionale di piovosità disponibile in rete segnala circa 550 millimetri di precipitazioni nel 2017, erano intorno a 850 millimetri un decennio prima. Mentre scriviamo (fine agosto 2021) le stazioni meteo segnalano che l’ultimo giorno di pioggia (intesa come precipitazione di acqua di almeno 1 millimetro) è avvenuto, ad esempio, il 23 aprile 2021 a Siracusa e in altri centri della Sicilia meridionale! Ma anche nell’area di Catania.
- Nel 2018 il presidente della Regione Nello Musumeci annunciò la drastica riduzione del fenomeno degli incendi nella regione, con un calo di oltre il 50 per cento rispetto all’anno precedente, ma guarda caso quella fu un’estate estremamente piovosa, come molti ricorderanno. (https://www.rainews.it/tgr/sicilia/video/2018/10/sic-antincendio-sicilia-bilancio-d843c957-60d9-4f68-9dfd-9d81ed577f25.html)
- E’ noto che gli incendi sono in larghissima maggioranza di carattere doloso, le motivazioni sono varie e spesso del tutto incomprensibili alle menti fornite di ordinaria ragionevolezza. Gli atti incendiari possono scaturire da antichi risentimenti, o dalla disperata ricerca di un pascolo migliore, qualche volta da semplice deviazione mentale, oppure possono scaturire da operai stagionali che in qualche modo pensano di assicurarsi così il futuro lavoro. Talvolta il fuoco può essere pure utilizzato da forze criminali locali per riaffermare il controllo territoriale. Di certo si tratta di un reato difficilmente perseguibile in quanto prevede sostanzialmente che il responsabile venga colto in flagranza, circostanza obiettivamente difficile. Immaginare l’inasprimento delle pene di per se stesso non è risolutivo. Oltretutto l’articolo 423 bis del Codice Penale, espressamente dedicato agli incendi boschivi, prevede già pene da 4 a 10 anni e aggravanti per le aree protette. Ma il problema è rintracciare i responsabili. Un documento del CAI Sicilia (https://www.cai.it/gruppo_regionale/gr-sicilia/) elaborato proprio in questi giorni propone l’istituzione di nuclei interforze che possano utilizzare mezzi tecnologicamente sofisticati per affrontare l’emergenza incendi ed elevare seriamente il rischio per i piromani di finire in galera.
Da chi è costituito l’esercito regionale contro gli incendi?
- In Sicilia ci sono circa 19 mila operai forestali, di cui circa 8 mila assunti stagionalmente a carico del dipartimento territorio e ambiente specificatamente per attività antincendio. Tutti gli altri operai sono invece incaricati di gestire le aree boscate demaniali, senza specifico compito nella lotta anti-incendio, se non per quanto riguarda la predisposizione delle opere di prevenzione (viali tagliafuoco, pulizia del sottobosco etc). Complessivamente le aree boscate in Sicilia ricoprono circa 380 mila ettari di territorio, per avere un termine di paragone in Toscana ne sono state censite per oltre un milione di ettari.
- Degli oltre 19 mila operai forestali (compresi quelli dell’anti-incendio) solo 1300 sono a tempo indeterminato, tutti gli altri sono stagionali a 68/101/151 giorni. Età media 57 anni. Nel resto dell’anno vengono pagati dall’INPS con indennità di disoccupazione. Alla fine la retribuzione media annuale assicura circa 1300 euro su base mensile per quelli che lavorano 151 giorni. Nel 2018 la spesa per i soli stagionali affrontata dalla Regione Siciliana è stata di 224 milioni di euro. Va considerato che la chiamata al lavoro degli operai è subordinata all’approvazione del bilancio della Regione Siciliana, che quest’anno è avvenuta alla fine del mese di aprile.
- Gli uomini in divisa appartenenti al Corpo forestale della Regione Siciliana un tempo (anni Novanta) erano circa 1100, oggi ne sono rimasti meno di 400 di cui solo pochi sono guardie semplici, tutti gli altri sono sottufficiali e ufficiali. Solo loro possono agire come agenti di polizia giudiziaria. Nel 2020 una legge regionale ha previsto un bando per l’assunzione di 170 nuove guardie e di far indossare la divisa -tramite selezione interna- a 100 dipendenti regionali provenienti da altri settori. Le procedure di selezione sono ancora in corso. Soltanto il Parco dei Nebrodi dispone di un corpo di guardia parco (in totale una trentina di dipendenti), ma a partire dal 18 giugno scorso l’Ente ha autorizzato il trasferimento di dodici unità (vedi delibere del Comitato esecutivo) all’ispettorato forestale di Messina.
- I carabinieri forestali sono presenti in Sicilia dal 2018 in modo da sopperire alle carenze di organico del Corpo regionale, con alcuni piccoli nuclei specializzati che si occupano di aspetti specifici di tutela ambientale, ma non di generica sorveglianza territoriale.
- La Protezione civile nazionale dispone di 15 Canadair e quattro elicotteri per uso antincendio, in una giornata di forte vento caldo sono decine le richieste di intervento provenienti da tutte le Regioni: ad esempio il 29 luglio scorso l’ufficio stampa della Protezione civile ha reso noto di averne ricevute trentaquattro.
Quanta è stata la superficie percorsa dagli incendi in Sicilia?
Secondo i dati del 2020 sono stati oltre 32 mila gli ettari di terreno percorsi dal fuoco in Sicilia, sia di carattere boscato che non. Con il preoccupante fenomeno, accentuato nel 2021, degli incendi in prossimità dei centri abitati. I Comuni dovrebbero aggiornare il catasto dei terreni bruciati per applicare i conseguenti vincoli previsti dalla legge, ma spesso non lo fanno.
Le statistiche più recenti per il 2021 sono quelli dell’EFFIS (https://effis.jrc.ec.europa.eu/apps/effis.statistics.portal/seasonal-trend/EU/IT), il servizio europeo che si basa sull’analisi delle immagini satellitari e stima per il 2021 un aumento delle aree bruciate da una media di circa 40 mila ettari degli ultimi anni a circa 160 mila ettari! Di questi circa 78 mila ettari dovrebbero riguardare la sola Sicilia.
Cosa si può fare contro gli incendi? (Qualche ragionevole suggerimento…)
Le attività di prevenzione possono essere organizzate chiamando per tempo i lavoratori stagionali e non a tempo ormai scaduto, quando è ormai tutto secco.
- Trasformare i precari in lavoratori a tempo indeterminato potrebbe consentire di utilizzarli tutto l’anno anche nelle aree boscate private o di proprietà comunale per creare delle zone taglia fuoco, senza un incremento significativo della spesa pubblica.
- Prevedere che anche gli operai dell’anti-incendio possano svolgere attività di prevenzione durante i mesi di impiego, superando gli ostacoli fino ad oggi frapposti da parte sindacale: in sostanza coloro i quali possono essere chiamati ad intervenire per collaborare nello spegnimento, nel frattempo non hanno altre mansioni da svolgere.
- Rinunciare alla ricostituzione del Corpo forestale della Regione Siciliana, il cui trattamento economico è peraltro mediamente molto più generoso di quello previsto dai corpi statali, e affidarsi ai Carabinieri forestali che possono offrire anche maggiore autonomia rispetto alle realtà locali in cui sono chiamati ad operare, così come avviene nelle regioni a statuto ordinario.
- Attenuare i vincoli sulle aree boscate private (attualmente totalmente inutilizzabili, se non con saltuari taglio del legname) in modo da consentire una qualche forma di sfruttamento economico di tali terreni (forme di campeggio naturalistico ad esempio, edificazioni con bassissima densità costruttiva, agricoltura non intensiva nelle radure) che motivi la gestione e la protezione attiva di tali superfici verdi da parte dei proprietari che le detengono a beneficio della Comunità.
La sfida è molto complessa, soprattutto se la natura non ci aiuta, ma qualcosa, insomma, si potrebbe fare. Serve autonomia e disegno politico preciso, ma governo e deputati regionali sembrano attualmente interessati, più che altro, a posizionarsi in vista dell’ormai prossima scadenza di fine legislatura.