LE INVASIONI BIOLOGICHE NEI MARI SICILIANI

by Francesco Tiralongo
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LE INVASIONI BIOLOGICHE NEI MARI SICILIANI

In costante aumento la presenza di specie non-indigene nel Mediterraneo. Cosa possiamo fare? 

La Sicilia ha sempre occupato, al centro del Mediterraneo, una posizione strategica, agendo come crocevia negli scambi commerciali tra oriente e occidente. Questa posizione centrale, l’ha tuttavia esposta all’arrivo e all’influenza di specie tropicali provenienti sia dall’Oceano Atlantico, tramite lo Stretto di Gibilterra, che dal Mar Rosso, tramite il Canale di Suez. Mentre le prime, di origine atlantica, non possono essere considerate vere specie “aliene” (non-indigene), quelle provenienti dal Mar Rosso tramite Suez, definite “specie lessepsiane”, sono delle vere specie aliene poiché il Canale di Suez non è un’apertura naturale come Gibilterra, bensì un’apertura creata dall’uomo per semplificare la navigazione e gli scambi commerciali.

Ad oggi, più di 1000 specie non-indigene sono state registrate nel Mar Mediterraneo, e molte di queste anche nei mari siciliani. Inoltre, la velocità di arrivo di specie aliene, sia direttamente da Suez che con altri mezzi (ad esempio la navigazione, il rilascio da acquari pubblici e privati, l’acquacoltura, ecc…), è in aumento. Tra queste specie non-indigene, alcune, per vari motivi, diventano invasive (in grado di riprodursi e diffondersi rapidamente dal sito/i di introduzione), rappresentando una seria minaccia per la biodiversità e talvolta per l’economia e la salute umana. Molte delle prime segnalazioni italiane di queste specie avvengono proprio in acque siciliane e, spesso, soprattutto per quanto riguarda le specie ittiche lessepsiane, nel Mar Ionio.

Figura 1 LE INVASIONI BIOLOGICHE NEI MARI SICILIANI
Figura 1. Callinectes sapidus, esemplare proveniente dalla Sicilia sudorientale, catturato nel maggio 2013

Alcuni esempi di specie non-indigene che ormai è possibile osservare nei mari siciliani, sono:

  • Il granchio reale blu, Callinectes sapidus Rathbun, 1896, di origine atlantica e probabilmente giunto nei nostri mari tramite le acque di zavorra delle navi (Fig. 1).

  • Il granchio corridore atlantico, Percnon gibbesi (H. Milne Edwards, 1853), anch’esso di origine atlantica e allo stesso modo del primo probabilmente giunto nei nostri mari tramite le acque di zavorra delle navi (in alto).

  • Il pesce palla maculato, Lagocephalus sceleratus (Gmelin, 1789), specie lessepsiana tossica al consumo in quanto contiene una potentissima tossina termostabile, nota come tetrodotossina, che ha purtroppo già causato vittime anche in Mediterraneo.

  • Il pesce flauto, Fistularia commersonii Rüppel, 1838, specie lessepsiana che ha avuto un enorme successo nel colonizzare l’intero bacino mediterraneo in pochi anni. Per tale motivo è stato soprannominato “Lessepsian sprinter” (Fig. 2).

Figura 3 LE INVASIONI BIOLOGICHE NEI MARI SICILIANI
Figura 2. Fistularia commersonii, esemplare catturato nelle acque di Avola (Sicilia sudorientale) nel novembre 2010

L’eradicazione di una specie invasiva in ambiente marino mediterraneo non è mai avvenuta, in quanto non è stato possibile individuare rapidamente le prime aree colonizzate ed eliminare gli individui quando questi erano ancora poco numerosi. Tuttavia, per alcune di queste specie, come nel caso di C. sapidus, granchio che rappresenta una vera prelibatezza nella sua area di origine (America), abituare i consumatori al consumo e i pescatori alla cattura di questa specie potrebbe da un lato aiutare e ridurne l’abbondanza e quindi l’impatto sull’ecosistema (questa specie è infatti un vorace predatore) e dell’altro lato rappresenterebbe una fonte supplementare di guadagno per la categoria dei pescatori. Si sottolinea che in Sicilia, sebbene a livello locale, la commercializzazione di questa specie esiste già. Quando invece ci si trova davanti a specie che non possono essere sfruttate dal punto di vista commerciale, come nel caso di P. gibbesi, intervenire risulta più difficile, ma si è visto come la fauna autoctona, nello specifico i predatori, si possano abituare a predare queste specie aliene e di conseguenza a tenerne sotto controllo le popolazioni. Un recentissimo esempio è rappresentato da uno studio (condotto proprio in Sicilia) che ha dimostrato come P. gibbesi venga predato da un ghiozzo autoctono, Gobius paganellus Linnaeus, 1758. Da qui l’importanza di tutelare e proteggere la fauna marina autoctona, perché essa stessa, in alcuni casi, può dare una mano a combattere le invasioni biologiche tramite il controllo biologico delle popolazioni di specie non-indigene.

In definitiva, siamo davanti a un mare che cambia, costantemente. Le prossime sfide sono rappresentate dalla conservazione della sua biodiversità, non solo da minacce quale distruzione degli habitat, inquinamento e sfruttamento eccessivo delle risorse marine, ma anche, come abbiamo visto, dalle invasioni biologiche.

Immagine in alto: Percnon gibbesi, esemplare fotografato lungo la costa avolese (Sicilia sudorientale).

 

Bibliografia

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