PANCALI E LA LEGGENDA DEL VULCANO

Viaggio tra suggestioni e natura di un luogo poco frequentato

by Alain Risuglia
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Questa volta vi parlerò di un luogo a me caro e prossimo alla mia città, Lentini. Si tratta di un rilievo ben marcato nel territorio, alto nel suo punto più elevato 485 metri sul livello del mare e denominato Pancali. Lo definirò monte per la sua prominenza rispetto ai terreni pianeggianti o blandamente collinari posti più a nord, sebbene l’altezza non molto pronunciata potrebbe farlo includere convenzionalmente tra le colline.

La natura prevalentemente vulcanica delle sue rocce e il fatto che domina gli abitati di Lentini e Carlentini ha creato nell’immaginario della popolazione locale la convinzione che debba trattarsi di un vulcano spento, dal quale una diceria popolare afferma che sia fuoriuscita lava in tempi nemmeno troppo lontani. Visto da nord il monte, che ha direzione NE-SO rispetto agli assi cardinali, appare piuttosto allungato, e per tale caratteristica ha sempre suscitato in me, piuttosto, l’impressione di un animale disteso a guardia del territorio (Fig.1).

Fig. 1 – Monte Pancali visto da nord

Penso ai greci calcidesi che nell’VIII secolo a.C. colonizzarono queste terre e denominarono la nascente città Leontinoi, riferendosi inequivocabilmente ad un leone. Non esiste ancora una spiegazione definitiva sul legame tra questo animale e la città greca, anche se probabilmente va ricondotto al culto di Apollo, come simbolo della forza e protezione del dio. La testa di leone venne raffigurata su un lato del tetradramma, la moneta in argento coniata dalla colonia intorno al V secolo a.C.

Il monte più alto del circondario potè illusoriamente rappresentare per gli esploratori greci un animale disteso o dormiente, tanto da rafforzare la scelta del leone quale elemento identitario della città? Autentica barriera verso sud e primo baluardo degli Iblei, da questo non indifferente elemento del paesaggio locale sgorgava il fiume Lisso, affluente del Terias (oggi San Leonardo), al tempo navigabile almeno con piccole imbarcazioni e via di accesso alla città.

Dopo questa personale suggestione cercherò di spiegare la natura geologica di questo rilievo e sfatare la credenza popolare che lo associa a un edificio vulcanico.

Un giro a Monte Pancali presuppone la conoscenza del territorio poiché, a parte un’unica strada sterrata di collegamento a delle masserie che costeggia il percorso di un importante acquedotto sotterraneo, non esistono veri sentieri, soprattutto nella parte sommitale. Oggi la sua superficie, costituita in larga parte da basalti, rocce vulcaniche che qui assumono una forma tabulare o, più diffusamente, a blocchi arrotondati dall’erosione, è dedita al pascolo e per tal motivo piena di recinzioni e delimitazioni in pietrame fatte dagli allevatori locali per limitare gli spostamenti delle mandrie. Ciò non ne favorisce l’esplorazione, in aggiunta al fatto che le pendici sono in gran parte boscate e piuttosto acclivi. La vegetazione arborea è in larga parte costituita da querce, con prevalenza di quelle da sughero, piante sempreverdi il cui sfruttamento è evidenziato dalla decortica ben visibile sui fusti (Fig. 2).

Fig. 2 – Bosco di sughere a Monte Pancali

Le rocce più antiche affioranti risalgono a circa 7-11 milioni di anni fa, quando delle eruzioni sottomarine misero in posto dei depositi piroclastici come quelli, stratificati, che si possono osservare sul versante nord, conseguenti a un’attività di tipo esplosivo causata dall’interazione dell’acqua di mare con il magma(Fig. 3).

Fig. 3–Depositi piroclastici stratificati

In un punto ben preciso del versante nord-occidentale, la presenza di materiale igneo di grossa pezzatura, le brecce d’esplosione, si interpreta con l’esistenza di un condotto vulcanico imbutiforme, un diatrema, che ha praticamente perso la sua riconoscibilità a causa del tempo.

Successivamente, intorno a 2 milioni di anni fa, nuove eruzioni in ambiente terrestre e non più sottomarino hanno interessato il territorio, producendo enormi espandimenti lavici che hanno ricoperto in parte i terreni più antichi. Esse non hanno lasciato a loro testimonianza degli edifici vulcanici poichè la fuoriuscita delle lave avvenne attraverso lunghe fratture grosso modo verticali nel sottosuolo, nascoste successivamente dagli stessi prodotti emessi. Tali eruzioni sono definite fissurali o lineari.

Un’importante fase tettonica, probabilmente in atto almeno a partire da 3-4 milioni di anni fa e protrattasi fino a tempi più recenti, ha portato alla sopraelevazione, nell’area iblea settentrionale, di alcuni blocchi crostali rispetto ad altri. Monte Pancali è per l’appunto un blocco rialzato, e sono state le faglie e non il fenomeno vulcanico in sé a dargli la forma odierna.

Che non ci troviamo al cospetto di un vulcano con tanto di cratere ce lo dimostra la sommità del monte, che è in realtà un altopiano un po’ inclinato, tanto che il suo punto più elevato non è praticamente distinguibile dal resto del rilievo. Colate basaltiche tabulari dominano il paesaggio, ma possiamo anche riconoscere le tipiche lave a corda dovute al raggrinzimento della crosta superficiale della colata in scorrimento, più fredda rispetto alla sottostante ancora fluida (Fig. 4).

Fig. 4 – Esempio di lava a corda

Inoltre, la sommità nord-orientale dell’altopiano appare costituita da un tavolato di roccia a matrice calcarea ricco di resti fossili di molluschi, formatosi tra 6 e 7 milioni di anni fa e la cui deposizione avvenne in ambiente marino e di lagune salmastre (Fig. 5). Esso prova il notevole sollevamento tettonico nell’area e smentisce l’idea dell’edificio vulcanico cresciuto attraverso eruzioni di superficie. Chi giunge in questo pianoro e si affaccia può scorgere un paesaggio che può spaziare su diversi abitati dei dintorni, l’Etna e il Mare Ionio, quest’ultimo fino alla costa calabrese in condizioni di visibilità favorevole  (Fig.6).

Fig. 5 – Pendio visto da est con calcareniti nella parte sommitale
Fig. 6 – Veduta di Lentini (a sinistra) e Carlentini (a destra) dal pianoro nord-orientale, con l’Etna sullo sfondo

Quindi, in sintesi, il monte è un insieme di rocce di differente età e genesi, non cela nella sua parte superiore alcun condotto eruttivo e deve la sua forma attuale, che non ricorda nemmeno vagamente un cono, a movimenti tettonici sub-verticali. Un camino eruttivo ha effettivamente lasciato le sue tracce nel fianco nord-occidentale, ma faceva parte di un basso fondale marino in un’epoca in cui il genere umano non era ancora comparso sul pianeta. Certamente gli Iblei settentrionali sono stati a più riprese interessati da attività di natura vulcanica, la più recente delle quali è, comunque, molto più antica dell’Etna.

Ma le leggende hanno il loro fascino e Pancali non manca di custodire il suo tesoro, come quello che si troverebbe nella mitica grotta della Truvatura, mentre è realtà la presenza di un cunicolo artificiale, in parte percorribile e che diversi anni fa ho avuto il piacere di esplorare, che dalle pendici calcaree a nord di Pancali trasportava l’acqua sin alle proprietà del barone e senatore Giuseppe Luigi Beneventano della Corte. I punti di accesso a questa galleria restano, purtroppo, piuttosto complicati da raggiungere.

Fig. 7 – Scorcio con masseria

In copertina: Monte Pancali dalle campagne lentinesi

BIBLIOGRAFIA

-TAVOLETTA MONTE PANCALI 274 IV SO – SCALA 1:25000 – I.G.M. 1969

-M. GRASSO, F. LENTINI, S. CARBONE – CARTA GEOLOGICA DEL SETTORE NORD-ORIENTALE IBLEO (SICILIA S.E.) 1986 – Scala 1:50000

-LENTINI F., CARBONE S. – GEOLOGIA DELLA SICILIA – II – IL DOMINIO D’AVAMPAESE

-CARBONE S. ET AL. – NOTE ILLUSTRATIVE DELLA CARTA GEOLOGICA D’ITALIA ALLA SCALA 1:50000 – FOGLIO 641 AUGUSTA, APPENDICE 2 PAG. 173-181

matica.com/il-leone-un-icona-numismatica-dallantica-sicilia-a-oggi/

https://www.lentinionline.it/programmi&recensioni/fondpisano_pancali.htm

-FRASCA M. – CITTA’ DEI GRECI IN SICILIA, PAG. 90-115

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