MISTERIOSE PIRAMIDI SULL’ETNA?
L’origine di una fantasiosa ipotesi che circola sul web
Anche se il mistero non esiste a volte può essere utile inventarlo. Basta un articolo sul web, qualche trasmissione televisiva spericolata e il gioco è fatto.
E’ il caso delle cosiddette “piramidi dell’Etna”: in sostanza si tratta di consistenti accumuli di pietre, presenti su tutti i versanti, che in alcuni casi assumono la forma appunto di articolate costruzioni piramidali. Localmente sono note con il termine di turrette. Molte sono state cancellate dallo sviluppo edilizio degli scorsi decenni, alcune sono state danneggiate, ma altre sono state abbellite o restaurate. Un cultore del territorio, Daniele Russo, le ha censite una per una nell’ultimo decennio arrivando a identificare 376 turrette distribuite nelle diverse aree dell’Etna. In una dettagliata pubblicazione Russo ha elencato anche la ripartizione -versante per versante- e le diverse tipologie.
Si tratta di manufatti che sono stati citati tante volte dagli studiosi di etno-antropologia in relazione al fenomeno della colonizzazione delle pendici dell’Etna, avvenuto negli ultimi secoli. Quando ciurme costituite soprattutto da donne e bambini rimuovevano le pietre dal futuro vigneto per consentire agli uomini di realizzare i muretti di sostegno; con l’ulteriore materiale residuato venivano creati degli accumuli (appunto le turrette), che talvolta venivano arricchiti con muri, scalinate e terrazzini panoramici. Qualcosa di paragonabile agli altrettanto imponenti muragghi ragusani. E’ forse inutile sottolineare che questa spiegazione sta stretta ai fautori delle “misteriose piramidi”.
Qualche tempo fa una trasmissione televisiva andata in onda su Italia 1 ha dedicato addirittura un servizio di quasi 20 minuti alle controverse costruzioni, formulando alla fine sorprendenti conclusioni. Ma è interessante risalire all’origine di questo piccolo mito contemporaneo.
La prima ad aver ottenuto sull’argomento ampio consenso sui social è stata probabilmente Antoine Gigal: personaggio poliedrico che nelle sue numerose presenze in rete si definisce “esploratrice, ricercatrice, autrice, nomade digitale”. Pubblica molto, solitamente sui propri canali digitali (Gigalresearch; Gigalinsights; Gigalegypt), dai quali invita anche a diffondere il verbo e a partecipare ai suoi viaggi scoperta. Una di queste ricognizioni l’ha dedicata nel 2009 all’Etna, ricavandone l’articolo che ha tradotto anche in italiano e che ha dato il via alle ipotesi che circolano in rete. Nel testo consultabile su internet ( https://www.gigalresearch.com/it/sicilia.php) la Gigal segnala che i terrazzamenti presenti intorno agli antichi crateri sembrano essere tutti rivolti verso la sommità dell’Etna, come se si trattasse di luoghi di culto al dio Vulcano. Alla fine dell’articolo viene presentata una ipotesi ancora più stupefacente: i popoli preistorici – secondo la Gigal- attivavano una specie di effetto risonanza tramite delle marce processionali che effettuavano intorno alle “piramidi” e ai terrazzamenti: “Forse un’antica tecnica per fermare la lava?”, si chiede l’autrice del testo.
Questi sono solo alcuni dei contenuti dell’articolo che ha dato il via alla saga “degli antichi popoli etnei”. Di fronte a tanta inventiva la scienza ufficiale ha risposto ovviamente freddamente. I vulcanologi hanno ormai mappato e datato quasi tutte le colate storiche, quindi se una delle cosiddette “piramidi” si trova al di sopra di prodotti, per dire medievali, è inutile provare a definirla “antichissima”. Ma il mito resiste a ogni nuova smentita. Anzi è come se le parti si fossero invertite. Sono gli scienziati a essere messi sotto accusa su certi siti. Pure gli archeologi “ufficiali” non hanno mai trovato motivazioni ragionevoli per occuparsi delle turrette, ritendole -giustamente- più che altro dei reperti adatti a studiosi di pratiche agricole o ad approndimenti di storia locale. Nessun soprintendente ha infatti mai pensato di intraprendere uno scavo intorno alle costruzioni, più o meno raffinate, realizzate dai contadini che andavano alla conquista delle colate nei secoli scorsi. Ma è bastata un’ “esploratrice-egittologa” per creare un altro mito da web.
E c’è anche chi sostiene che alla fine è meglio non smentire certe fantasiose ricostruzioni, visto che servono comunque ad attirare turisti, come il mostro del lago scozzese di Loch Ness.
Riferimenti bibliografici:
Russo, Daniele – De Luca, Antonio (2019), Le torrette in pietre a secco dell’area circumetnea. “Incontri. La Sicilia e l’altrove”, anno VIII, n. 29, ottobre-dicembre, pp. 34-40.
Russo Daniele (2019) Le torrette dell’hinterland etneo. Analogia con i maroicos di Pico. “Incontri. La Sicilia e l’altrove”, anno VIII n.30, pag. 17-23.