LA VITA NASCOSTA NELLE GROTTE DI SICILIA

Tra stalattiti, stalagmiti e colonne carsiche, un habitat straordinariamente ricco di biodiversità

by Giuseppe Nicolosi
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Buie, umide, silenziose. Le grotte, con le loro profondità avvolte nell’oscurità, potrebbero sembrare ambienti ostili e privi di vita. Eppure, tra stalattiti e cunicoli, si cela un ecosistema sorprendentemente ricco, popolato da pipistrelli, ragni, crostacei e minuscoli insetti perfettamente adattati a condizioni che, per molti altri organismi, sarebbero estreme, paragonabili, per certi versi, a quelle degli abissi oceanici.

Questi ambienti ipogei, a lungo ignorati dalla ricerca, sono oggi al centro di un rinnovato interesse scientifico, guidato dalla biospeleologia: la disciplina che studia gli esseri viventi delle grotte e gli adattamenti evolutivi che permettono loro di sopravvivere nell’oscurità più completa, con risorse scarse e condizioni ambientali stabili ma severe.

Fig.1 La Grotta dei Lamponi, una delle cavità vulcaniche formatasi durante l'eruzione del 1614 - 1624, situata a circa 1.700 metri di altitudine sul versante nord dell'Etna (Foto: F. Fiorenza)

La nascita ufficiale della biospeleologia risale al 1831, con la scoperta di Leptodirus hohenwarti, un coleottero cavernicolo rinvenuto nelle grotte di Adelsberg (oggi Postumia), in Slovenia, dal conte Franz von Hohenwart e descritto dal naturalista Ferdinand Schmidt. Il termine biospéleologie sarebbe stato coniato solo nel 1904 da Armand Viré, ma fu il saggio del biologo rumeno Émile Racovitza del 1907 (Essai sur les problèmes biospéologiques) a conferirle dignità di disciplina scientifica autonoma.

In questo contesto, la Sicilia occupa un posto speciale. La sua complessa geologia, che include terreni carbonatici, gessosi e vulcanici, ha favorito la formazione di numerose cavità sotterranee, diverse per origine, struttura e microclima. Un mosaico ipogeo che fa dell’isola un vero laboratorio naturale per lo studio della fauna cavernicola.

Le grotte carsiche si distribuiscono principalmente lungo la catena montuosa nord-occidentale e sull’altopiano ibleo, nella parte sud-orientale dell’isola. Le cavità gessose, invece, si concentrano nelle aree centro-meridionali (Di Maggio et al., 2012), mentre oltre duecento grotte di origine lavica si aprono lungo i fianchi dell’Etna, in provincia di Catania (Centro Speleologico Etneo, 1999).

Questa varietà litologica rende gli ambienti sotterranei siciliani non solo geologicamente affascinanti, ma anche straordinari dal punto di vista biologico: habitat unici, capaci di ospitare un’elevata concentrazione di specie endemiche, molte delle quali presenti solo in queste specifiche cavità.

La prima segnalazione di fauna cavernicola in Sicilia risale al 1776, quando venne ipotizzata, senza mai essere confermata, la presenza dell’ortottero Dolichopoda palpata Sulzer nelle Latomie dell’Orecchio di Dioniso, nel Siracusano (Caruso, 1982). Da allora, per lungo tempo, le scoperte furono sporadiche e frammentarie. Soltanto in tempi recenti le esplorazioni sistematiche hanno cominciato a restituire un quadro più chiaro e articolato della biodiversità ipogea dell’isola.

Studi condotti dall’Università di Torino e dall’Università di Catania hanno portato alla luce specie di notevole interesse scientifico e conservazionistico. Tra le scoperte più significative spicca Plusiocampa tinoamorei, un insetto dipluro lungo circa quattro millimetri, rinvenuto nella Grotta di Villasmundo — una delle cavità carsiche più estese e suggestive della Sicilia, situata all’interno della Riserva Naturale Integrale “Complesso speleologico Villasmundo-Sant’Alfio” (Fig. 1). La scoperta di P. tinoamorei conferma il valore ecologico delle grotte siciliane, che custodiscono specie dalle caratteristiche uniche, fondamentali per comprendere i processi evolutivi e la biogeografia del Mediterraneo (Sendra et al. 2019).

Fig. 2 - La Grotta Ciavuli, un complesso carsico lungo circa 1700 metri situato nella zona A della riserva naturale "Grotta di Sant'Angelo Muxaro", gestita da Legambiente Sicilia (Foto: G. Buscaglia).

Anche le esplorazioni nelle grotte vulcaniche dell’Etna hanno riservato sorprese: è stata documentata, ad esempio, la presenza di Meta menardi, un ragno noto fino ad oggi solo nell’Italia peninsulare e nel Nord Europa. Questa specie predilige ambienti sotterranei freddi, con temperature inferiori ai 10-12 °C, e condivide l’habitat etneo con la congenerica
Meta bourneti, tipica di climi più caldi e ampiamente diffusa anche in contesti antropici come miniere e cantine. Nell’area etnea, M. menardi è confinata in una ristretta fascia altitudinale compresa tra i 1200 e i 1600 metri. A quote inferiori la sua sopravvivenza è minacciata dalla progressiva espansione di M. bourneti, favorita dal riscaldamento globale; a quote superiori, invece, la scarsità di vegetazione e la costante attività vulcanica rendono l’ambiente inadatto alla sua permanenza. Una condizione di equilibrio instabile che potrebbe condurre, nel medio termine, alla scomparsa locale della specie (Nicolosi et al., 2023).
Sempre sul versante etneo, le ricerche hanno portato alla descrizione di una nuova specie di coleottero, Bryaxis aetnensis, lunga meno di due millimetri e al momento conosciuta per sei differenti grotte laviche del vulcano (Sabella & Nicolosi, 2023). Una scoperta che evidenzia quanto ancora ci sia da esplorare, anche in ambienti a lungo considerati poveri di fauna come le cavità vulcaniche (Fig. 1).
Particolarmente interessanti sono anche i rappresentanti del genere Tychobythinus, minuscoli coleotteri lunghi meno di due millimetri. Alcune specie mostrano adattamenti estremi alla vita sotterranea, come occhi ridotti o assenti, depigmentazione marcata e appendici (zampe e antenne) allungate. Il grado di specializzazione spesso varia in relazione all’habitat: mentre alcune specie sono strettamente sotterranee, altre vivono anche in ambienti epigei come boschi e macchia mediterranea, dove possono essere rinvenute nella lettiera, tra muschio o legno in decomposizione.

Fig. 3 - Esemplari maschio e femmina di Tychobythinus muxari, coleottero pselafide lungo 1,35 - 1,40 millimetri, rinvenuto nella Grotta Ciavuli.

Il genere Tychobythinus, attualmente comprende 110 specie, la maggior parte delle quali si trova nella regione Paleartica. In Italia, sono state segnalate 44 specie e sottospecie di Tychobythinus, incluse cinque specie note per la Sicilia.

Fino alle recenti esplorazioni nelle grotte siciliane, l’unica specie nota di questo genere per la Sicilia era T. glabratus, specie ampiamente distribuita in tutta l’Europa occidentale e che nella nostra isola è segnalata solo per i Monti Peloritani.  Le ricerche biospeleologiche hanno consentito scoperte di grande rilievo e la descrizione di quattro specie nuove per la scienza: T. molarensis della Grotta Molara alla periferia di Palermo, e T. villasmundi e T. inopinatus, rinvenuti rispettivamente all’interno della Riserva Naturale Integrale “Complesso Speleologico Villasmundo – Sant’Alfio” e nella Riserva Naturale Integrale “Grotta Monello“, entrambe gestite dall’Università di Catania.

Più di recente, un’altra specie cavernicola, T. muxari, nuova per la scienza (Sabella et al., 2025) è stata individuata nella Grotta Ciavuli, nei pressi di Sant’Angelo Muxaro (Agrigento), un’area protetta gestita da Legambiente Sicilia (Fig. 2). 

Anche in questo caso si tratta di un endemismo strettamente legato all’ambiente ipogeo (Fig. 3), che conferma il grande potenziale esplorativo e conservazionistico delle grotte siciliane.

Da quanto esposto in precedenza, è evidente come un’esplorazione più attenta e sistematica degli ambienti sotterranei siciliani potrà contribuire in futuro ad incrementare notevolmente la conoscenza della biodiversità della nostra isola, focalizzando l’attenzione su una componente faunistica ancora poco conosciuta, anche in relazione alle difficoltà del suo campionamento, che riveste una grande importanza per la ricostruzione dell’origine del popolamento animale della nostra isola.

Nella foto di copertina: La Grotta di Villasmundo, una cavità situata all’interno della Riserva Naturale Integrale “Complesso Speleologico Villasmundo-Sant’Alfio” gestita dall’Università di Catania (Foto F. Fiorenza)

Bibliografia

Caruso, D. (1982). Il popolamento cavernicolo della Sicilia (Ricerche faunistiche ed ecologiche sulle grotte di Sicilia. VII). Lavori della Società Italiana di Biogeografia (Biogeographia – The Journal of Integrative Biogeography), (n.s.) 7 (1978), 587–614.

Centro Speleologico Etneo. (1999). Dentro il Vulcano—Le Grotte dell’Etna. Catania, Italy: Parco dell’Etna.

Di Maggio, C., Madonia, G., Parise, M., & Vattano, M. (2012). Karst of Sicily and its conservation. Journal of Cave and Karst Studies, 74(2), 157–172.

Nicolosi, G., Piano, E., De Beni, E., & Isaia, M. (2023). Double dare: Climate change and volcanic activity threatens local populations of Meta menardi (Araneae, Tetragnathidae) in Sicily. Global Ecology and Conservation, 48, e02699.

Sabella, G., & Nicolosi, G. (2023). A new species of Bryaxis (Coleoptera: Staphylinidae: Pselaphinae) from Mount Etna (Sicily, Italy) and notes on its ecology and distribution. Animals, 13(18), 2941.

Sabella, G., Interlandi, M. M., & Nicolosi, G. (2025). A new troglobitic species of Tychobythinus from Sicily with notes on some Italian species of the genus (Coleoptera, Staphylinidae, Pselaphinae). PLOS ONE, 20(2), e0316855.

Sendra, A., Nicolosi, G., & Amore, E. (2019). Subterranean Campodeidae fauna from Sicily (Diplura): Its biogeographical interest with the description of a new species of Plusiocampa. Zootaxa, 4679(2), 297–317

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