C’è un sito, sconosciuto ai più, di particolare impatto visivo che voglio evidenziare per la sua valenza paesaggistica e geologica. Ci troviamo poco distanti da Militello in Val di Catania, in una porzione di territorio costituito da colline e vallate dalla vegetazione arborea quasi assente e arse dal sole per buona parte dell’anno. Oggi questi luoghi sono adibiti principalmente alla pastorizia, benché la presenza di alcuni terrazzamenti abbandonati ci indica anche una passata utilizzazione del suolo a scopo agricolo. Dentro una di queste valli sul cui fondo scorre un torrente, in un contesto dall’aspetto selvaggio e dal particolare colore giallo-ocra del suolo, si ergono dei pinnacoli che a prima vista sembrano sbucare dal sottosuolo. Il luogo è denominato Valle Santa Venere se ci riferiamo alla cartografia dell’Istituto Geografico Militare realizzata negli anni Sessanta, Vallone Santa Venera se consultiamo invece la Carta Tecnica Regionale della Sicilia risalente al 2012. Io ho scelto di utilizzare la seconda dicitura.
E’ noto che sui Monti Iblei settentrionali delle eruzioni vulcaniche hanno avuto luogo più volte nel passato geologico, e l’ultima importante manifestazione di tal genere è avvenuta intorno a due milioni di anni fa nel Pleistocene Inferiore. La geologia di questo sito è riferibile proprio al vulcanismo ibleo più recente. Il suolo, che potrebbe ricordare una sabbia, è in realtà costituito in larga parte da frammenti di vetro vulcanico formatisi per rapido raffreddamento di lave e prodotti piroclastici eruttati in ambiente acquatico e alterati proprio dal contatto con l’acqua. Tale roccia è quindi una breccia vulcanica di composizione quasi completamente vetrosa chiamata palagonite. Dopo la messa in posto di questo materiale roccioso tutto il territorio è stato soggetto ad emersione ed erosione ad opera degli agenti esogeni. Le porzioni di roccia più dure hanno meglio resistito alle intemperie e si sono formati dei pinnacoli, alcuni alti anche decine di metri (Fig.1).
Ma c’è dell’altro. Alcuni pinnacoli si ergono dal suolo come porzioni più elevate di quelli che sembrano dei muri di colore grigio, spessi mediamente 50-70 centimetri. Si riconoscono sul terreno alcuni allineamenti, lunghi diverse decine di metri, che sembrano tagliare verticalmente il sottosuolo: si tratta di dicchi (Fig. 2).
Sui Monti Iblei è raro trovarli, mentre sull’Etna basta affacciarsi dall’orlo della Valle del Bove per scorgerne tanti. I dicchi sono corpi rocciosi creati dal magma che risale dalle profondità e che, non arrivando a fuoriuscire, si consolida nel sottosuolo. Una caratteristica che possiamo qui osservare è la marcata fessurazione colonnare della roccia basaltica che li costituisce (Fig. 3).
Si può intuire facilmente come l’ascesa del magma, che ha tagliato verticalmente come una lama il substrato, forse sfruttando superfici di debolezza nelle rocce, sia avvenuta successivamente ai precedenti episodi vulcanici che avevano determinato la deposizione delle brecce vulcaniche. Essendo il basalto più duro della roccia poco compatta che lo circonda, e quindi più resistente nei confronti delle forze erosive, il dicco arriva talora a emergere sotto forma di bizzarri pinnacoli (Fig. 4).
La presenza di questi dicchi ci ricorda che il vulcanismo ibleo è stato prevalentemente caratterizzato da eruzioni fissurali o lineari, in cui l’emissione di magma avveniva attraverso delle fratture nella crosta terrestre. Un esempio analogo e attuale di questo tipo di manifestazioni vulcaniche lo riscontriamo nelle recenti eruzioni avvenute nella penisola di Reykjanes in Islanda.
Non mancano, soprattutto nella parte superiore della valle, anche begli esempi di lave a cuscino (pillow lava), altro prodotto del vulcanismo sottomarino. L’effetto cromatico di contrasto tra il grigio del basalto e il giallo ocra tendente all’arancione della roccia circostante è davvero notevole (Fig. 5).
Una curiosità: su un noto programma online di mappe il luogo di cui vi sto parlando è stato contrassegnato come “Contrada Quadarazza – la Valle dei Menhir”. Si precisa che la contrada Quadarazza è ubicata più a nord del nostro sito e che i menhir, essendo megaliti monolitici eretti dall’uomo, non rientrano in questo contesto del tutto naturale.
Anche se qui l’essere umano non ha eretto alcun menhir , la presenza di alcune cavità sepolcrali presuppone una certa frequentazione umana dai tempi più antichi (Fig. 6 e 7). Il fatto che queste escavazioni tombali si ritrovino in rocce di matrice differente da quella calcarea costituisce una particolarità che le distingue dalle altre del comprensorio ibleo. Indagini approfondite potrebbero svelare nuovi particolari, facendo chiarezza sulle antiche popolazioni che calcarono queste terre.
La Sicilia ha un patrimonio enorme sia dal punto di vista naturalistico che culturale. Sono consapevole che gran parte della sua ricchezza non verrà mai pienamente valorizzata per molteplici fattori di cui non è mia intenzione discutere. Quello che cerco di fare, ogni tanto, è dare visibilità a luoghi molto suggestivi di cui pochi conoscono l’esistenza, cercando di risvegliare nei siciliani la curiosità e l’amore per la propria terra.
In copertina: pinnacoli rocciosi nel Vallone Santa Venera
BIBLIOGRAFIA
LENTINI F., CARBONE S., GEOLOGIA DELLA SICILIA – II – Il dominio d’avampaese – 1995
BORIS BEHNCKE – Late Pliocene volcanic island growth and flood basal-like lava emplacement in the Hyblean mountains (SE SICILY) – 2004
Tavoletta MILITELLO IN VAL DI CATANIA 273 I NO – SCALA 1:25000 – I.G.M. 1966
Sezione N° 640100 MILITELLO IN VAL DI CATANIA – SCALA 1:10000 – CARTA TECNICA REGIONALE DELLA REGIONE SICILIANA 2012
