I DEPOSITI DEI BENI CULTURALI

Il Patrimonio "invisibile" e le strategie per la sua promozione

by Rosalba Panvini
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I depositi sono spazi indispensabili di ogni Museo e di ogni Istituto di Cultura (Soprintendenze e Parchi). Si stima che vi sia conservato circa l’ottanta per cento dei nostri beni culturali: il cosiddetto patrimonio “invisibile”. Si pensi ai reperti consegnati dopo essere stati confiscati a chi li deteneva illegittimamente oppure agli oggetti donati da privati e dei quali non si conosce il contesto di provenienza. Soprattutto vi sono custoditi migliaia di reperti recuperati nel corso del tempo in regolari campagne di scavo, i cui risultati può succedere che non siano mai stati pubblicati dagli autori delle ricerche e dei quali, spesso, non si rintraccia neanche la documentazione. E ancora si ricordano le opere in attesa di manutenzione o ancora da studiare, oppure quelle che non hanno trovato spazio nelle sale espositive i cui percorsi, però, raramente vengono implementati e addirittura cambiati per renderli più attrattivi. Sarebbe auspicabile vedere allestite, all’interno dei musei, delle mostre temporanee su tematiche specifiche organizzate a rotazione, ma nel non farlo ci si giustifica addebitando la causa al numero ridotto di personale tecnico-scientifico. Circa il settanta per cento dei materiali non sono neanche inventariati, né tantomeno catalogati.
Le maggiori problematiche si riscontrano nei depositi archeologici, i quali a causa dell’ingente quantità di materiali provenienti dagli scavi, hanno più difficoltà di essere esposti e spesso sono in attesa di restauro.

Fig. 1 - Il deposito di un Museo archeologicocon i reperti accatastati

Nel 2020 è stata elaborata (a cura di Rosalba Panvini, Fabrizio Nicoletti, Mario Bevacqua e Nunzio Condorelli Caff) e approvata dalla Regione Siciliana la Carta di Catania (D. A. 78 del 13 Dicembre 2020, a firma dell’Assessore dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana, Dott. Alberto Samonà). Questa introduce norme e modalità per la gestione e fruizione dei depositi di musei, parchi, soprintendenze. Vi è contemplata anche una proposta per avviare l’attività di schedatura contribuendo ad aggiornare lo Stato sulla consistenza del proprio patrimonio. Il problema esiste da sempre e, per la prima volta venne affrontato nel lontano 1934, durante la Conferenza di Museografia tenutasi a Madrid, organizzata da quella che all’epoca si chiamava Società delle Nazioni, il nucleo primordiale dell’ONU. Il dibattito riprese nel 1976, grazie alla Conferenza organizzata dall’ICOM, voluta da Paul Perrot il quale, da segretario responsabile della Smithsonian Institution, propose un progetto per il miglioramento degli spazi e la realizzazione di un deposito centralizzato di quella istituzione, dotato di laboratori e aree di ricerca. Da parte sua, l’ICOM (International Concil of Museum) ha proposto una Raccomandazione ufficiale sulle buone pratiche per tenere i depositi nelle condizioni più idonee e, nel 2019, ha organizzato a Matera due Giornate di studio (“L’essenziale è invisibile agli occhi. Tra cura e ricerca, le potenzialità dei depositi museali”) per analizzare la situazione di tali spazi e avanzare proposte per la corretta gestione.
In Italia e in altri Paesi si mira quindi alla costituzione di depositi aperti al pubblico, visibili attraverso strutture innovative per evitare che diventino soltanto luoghi polverosi. Anche l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione ha cercato di giungere alla totale registrazione del patrimonio culturale presente nei depositi e alla digitalizzazione delle schede, ma si è ancora lontani dall’obiettivo. La Regione Siciliana da tempo si è avvalsa di una società di servizi, la S.A.S., per aggiornare il censimento e la catalogazione dei beni culturali dell’isola, ma il personale è stato poi impiegato in altri compiti istituzionali.
Ideale sarebbe rendere visibili i depositi (Visible Storage), creando una continuità tra spazi espositivi e spazi di immagazzinamento. Apprezzabili esempi sono costituiti in Italia dalla Pinacoteca di Brera, dal Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza e dalla Galleria di Palazzo Borghese; nel primo caso, degli apparati scorrevoli in vetro facilitano la visione delle opere dipinte, mentre nel secondo i reperti ceramici sono 3 collocati all’interno di scaffali metallici protetti da vetri e, con pertinenti apparati didascalici, sono riportate le descrizione di ogni singolo manufatto e la relativa cronologia.

Fig. 2 - Esempio di un deposito del tipo Visible Storage

Nella Galleria di Palazzo Borghese, le opere pittoriche, non esposte nelle sale, sono state protette da speciali sistemi di sicurezza (Open Storage) e rese visibili a tutti.
Nella “Carta di Catania” viene proposto un metodo per rendere fruibili i beni “invisibili” facendoli innanzitutto schedare agli studenti universitari, sempre sotto la stretta sorveglianza del personale scientifico di ogni istituto. Successivamente, tali beni, inseriti in appositi elenchi redatti dalle istituzioni preposte alla loro conservazione, potrebbero essere concessi in prestito temporaneo ad alberghi e resort, oppure a Istituti bancari, che comunque dovranno essere dotati di sistemi anti-intrusione e apposite vetrine. Inoltre, i beneficiari della concessione dovranno assumere un professionista con laurea in Beni culturali per condurre le visite alle raccolte per gli ospiti delle strutture recettive e, nel frattempo, controllare che vangano rispettate le condizioni imposte dalla Soprintendenza per la corretta conservazione degli oggetti. Un esempio è costituto in Sicilia dalla raccolta “La Gaipa”, concessa dal Parco archeologico della Valle dei Templi a un resort di Agrigento. Gli stessi beneficiari dovranno corrispondere alla Regione Siciliana una somma da destinare alla conservazione e al restauro di un singolo bene o di un sito oppure alla manutenzione del Deposito dell’istituto di cultura. Del resto, il Codice dei Beni Culturali promuove il coinvolgimento dei privati nell’attività di valorizzazione del patrimonio. Anche le scuole potrebbero beneficiare delle concessioni temporanee di alcuni oggetti per fare meglio conoscere agli studenti la cultura materiale del territorio.
Purtroppo, la Carta di Catania è stata artatamente malintesa da parte di coloro che non hanno interesse alcuno a rendere noto il patrimonio culturale preferendo, piuttosto, che la gran parte di esso continui a restare “invisibile”.
Purtuttavia, sono stati realizzate diverse iniziative attenendosi alle norme della carta di Catania e ne citerò alcune di seguito.
Nel 2020, nel Museo Diocesano di Catania, sono state esposte due raccolte di materiali archeologici e numismatici, confiscate ai Sacerdoti Urzì e Nicolosi; esse sono state presentate all’interno di vetrine, collocate  nell’ultimo piano del Museo stesso e corredate da pertinenti apparati didattici e didascalici, curati da Michela Ursino, Funzionario tecnico archeologo della Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Catania che, al tempo, dirigeva chi scrive.

Fig. 3 - Museo Diocesano di Catania,la sala dedicata alle raccolte Urzì e Nicolosi

Sempre nel 2020, all’interno della Badia di Sant’Agata, a Catania (Via V. Emanuele), sono state esposte le formelle della Via Crucis, realizzate da Alessandro Abbate, nel 1923; insieme a queste ultime, sono state presentate anche due Natività del XVI e del XVII secolo. Tali opere erano state conservate, fino ad allora, nei depositi del Museo Civico di Castello Ursino. Il percorso espositivo è stato curato da Carmela Cappa, Funzionario Direttivo Storico dell’Arte della Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Catania, al tempo diretta dalla sottoscritta. Nel 2023, a Bronte, sono stati concessi alla Pinacoteca “Nunzio Sciavarrello”, oltre 30 manufatti archeologici e presentati in occasione della Mostra “Invisibilia. Dai Depositi alla valorizzazione. Reperti della Collezione Luigi Saitta in Mostra”; essi, infatti,. Il ruolo della scuola nella promozione del patrimonio culturale facevano parte della raccolta confiscata al Dott. Luigi Saitta (contenente oltre 700 reperti) ed erano rimasti custoditi, fino ad allora, nei depositi del Parco Archeologico di Catania e della Valle delle Aci, diretto da Giuseppe D’Urso.
La Mostra, curata dalla sottoscritta, è stata accompagnata da un Catalogo dall’omonimo titolo.
Nel 2024, nei locali del Liceo Classico “F. De Sanctis”, a Paternò, in occasione della Mostra “Memorie ritrovate. Il ruolo della scuola nella promozione del patrimonio culturale”, sono stati esposti 50 oggetti archeologici, di ottima fattura, databili dalla Preistoria all’età ellenistica, che erano stati consegnati da un collezionista privato alla Soprintendenza di Catania. Si è trattato in questo caso della seconda iniziativa realizzata in Italia, in un Istituto scolastico; infatti, la prima si è tenuta nel Liceo Torquato Tasso, a Roma. In questa occasione è stato consentito agli studenti di conoscere una pur piccola parte del patrimonio culturale nascosto, di fotografarlo, studiarlo, disegnarlo. La Mostra è stata accompagnata da un Catalogo, in duplice lingua, ed una brochure. Le vetrine e gli apparati didascalici sono stati realizzati dall’Architetto Francesco Finocchiaro, docente dello stesso Liceo, mentre il percorso espositivo ed il Catalogo sostati curati da chi scrive e da Michela Ursino, Funzionario Archeologo della Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Catania, diretta da Donatella Aprile.
Più recentemente, il fercolo di San Giacomo, realizzato nel ‘500 e custodito nei depositi del Museo civico di Caltagirone, grazie alla sinergia istituitasi tra la locale Amministrazione comunale (Sindaco Fabio Roccuzzo, Assessore al Patrimonio Unesco, Claudio Lo Monaco) e la Soprintendenza di Catania, dopo gli interventi di restauro, curati da Carmela Cappa, è stato restituito alla pubblica fruizione in una sala del Palazzo delle Aquile.

Fig. 4 - Un esempio di deposito ordinato ed adibito a sala per studio

Accenniamo solo alle esposizioni temporanee allestite negli aeroporti di Palermo, Comiso (2015) e Napoli nei cui relativi percorsi sono state presentate opere scultoree, mai fino allora visibili; da ultimo accenno alle opere esposte nella stazione metropolitana di Catania, che hanno reso possibile fare conoscere a coloro che la frequentano alcune statue ed altri reperti in marmo, conservati da tempo nei depositi del Museo di Castello Ursino ed in quelli della Soprintendenza.

Dunque, se il Patrimonio Culturale appartiene a tutti, le iniziative citate costituiscono gli esempi migliori per farlo fruire. Sarebbe auspicabile che altre esposizioni si realizzassero in un prossimo futuro così da promuovere e valorizzare i beni “invisibili”.

Fig. 5 - Catania, stazione metropolitana Garibaldi Nuovo

Bibliografia

Bertolaso K., … per tutto il resto ci sono i depositi! in La mano che crea. La galleria pubblica di Ugo Zannoni
(1836-1919) scultore, collezionista e mecenate, catalogo della mostra (Verona, Galleria d’Arte Moderna e
Contemporanea Achille Forti, 27 giugno 2020 – 31 gennaio 2021), Modena, 2020.
Fossà B., I depositi: pianificazione, allestimento e gestione, intervento al seminario Gestione e cura delle
collezioni museali (Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, 29-30 maggio 2005), pubblicato in Lega
A.M. (a cura di), Gestione e cura delle collezioni. Dispensa del corso tenuto a Faenza il 27-28 maggio 2005,
Firenze, MIC-Phase srl, 2005
MUTILLO M., CANGEMI M., PERETTO C. (a cura di), Le risorse invisibili. La gestione del patrimonio
archeologico e scientifico tra criticità e
innovazione, in «Annali dell’Università di Ferrara», Mus. Sci. Nat. 11-1, 2015.
NIZZO V. (a cura di), Storie di Persone e di Musei: persone, storie, racconti ed
esperienze dei musei civici di Lazio, Umbria e Toscana tra tutela e valorizzazione, Roma 2019.
PANVINI R., NICOLETTI F., CONDORELLI N.C., BEVACQUA M., Beni culturali. Dai depositi alla valorizzazione: modi, forme, esperienze, norme. Caltanissetta 2021

Nella foto di copertina il deposito di un Museo italiano in cui sono conservate opere d’arte pittoriche

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